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giovedì 26 marzo 2020 | 16:07
Cronaca

Bloccati al porto di Villa San Giovanni: «Vi spiego perché è successo» - Notizie

Il docente di Diritto pubblico comparato dell’Unical, Guerino D’Ignazio, fornisce una risposta ai recenti episodi avvenuti in riva allo Stretto in questi giorni

di Redazione

File ai traghetti di Villa San Giovanni

Cosa è accaduto in riva allo Stretto in questi giorni? Perché si è arrivati allo scontro tra Calabria e Sicilia, lasciando per ore persone e auto bloccate al porto di Villa San Giovanni? Sono alcune delle domande a cui ha cercato di fornire delle risposte il professor Guerino D’Ignazio, ordinario di Diritto pubblico comparato del Dipartimento di Scienze politiche e sociali all’Università della Calabria.

 

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Falle nel rapporto tra Governo e Regioni

«In questi ultimi mesi stiamo assistendo e vivendo l’emergenza più importante che l’Italia ha dovuto affrontare dal dopoguerra ad oggi - spiega il prof. D’Ignazio -. Il forte impatto sul sistema istituzionale e la forza d’urto del coronavirus ha messo in luce e fatto emergere le debolezze di uno Stato regionale che non riesce a far funzionare una ‘catena di comando’ in grado di governare una situazione molto problematica e complessa, come è quella che stiamo vivendo».

 

«L’immagine delle auto e delle persone bloccate al porto di Villa San Giovanni per l’impossibilità di varcare lo stretto ne è una rappresentazione evidente. L’ordinanza della presidente della Regione Calabria che vieta l’ingresso e l’uscita dal territorio regionale si pone in conflitto con un’ordinanza simile del presidente della Regione Sicilia e del sindaco di Messina».

 

«Intanto, - prosegue il docente - le persone, che hanno violato, anche a causa degli scarsi controlli, l’ordinanza del divieto di ingresso in Calabria, si trovano in una situazione surreale, tra Scilla e Cariddi. Sono sollecitate a continuare il loro viaggio, dal momento che non possono ritornare indietro nei luoghi di partenza, ma sono bloccate dalle ordinanze comunali e regionali della Sicilia».

Una catena di comando “difettosa”

D’Ignazio tiene a precisare che «in qualsiasi altro Stato federale o regionale sarebbe intervenuto il Governo centrale in sostituzione dei governi regionali e locali per tutelare l’omogeneità normativa».

 

«Ciò non significa che il pluralismo territoriale e normativo e l’organizzazione regionale e locale dell’amministrazione pubblica non possano rappresentare un vantaggio anche in situazioni emergenziali, come quella attuale, perché permettono una differenziazione e flessibilità degli interventi, calibrati e proporzionati a livello di gravità della crisi sui singoli territori, ma possono diventare un boomerang se non si percepisce una catena di comando, che possa restituire certezza al diritto e garanzie ai cittadini sulle norme da seguire e da rispettare».

 

«In effetti, la risposta si trova nella Costituzione - sottolinea - che non contiene norme sullo stato emergenziale ma prevede nell’art. 120, comma 2, la possibilità per il Governo di sostituirsi agli organi delle Regioni e dei governi locali. Nell’ultimo D.L. si è scelta la strada di consentire ai Presidenti delle Regioni e ai Sindaci di emanare ordinanze più restrittive del Governo statale, purché convalidate entro sette giorni con DPCM».

 

«Un'alternativa - conclude D'Ignazio - rispettosa sia dell’autonomia dei governi regionali e locali che del coordinamento statale, poteva essere una legge ‘quadro’, con la definizione chiara delle competenze dello Stato e dei poteri normativi delle Regioni e degli enti locali, in modo da indicare in via preventiva le modalità di coordinamento e di cooperazione tra i vari livelli istituzionali».