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lunedì 6 aprile 2020 | 09:37
Cronaca

Guarito il primo medico calabrese positivo: «Temevo di non rivedere la mia famiglia» - Notizie

VIDEO | Giuseppe Errico, dottore in servizio all'ospedale di Cetraro, racconta i giorni della malattia: «Era come stare in carcere, tornerò al lavoro appena possibile»

di Francesca  Lagatta

Giuseppe Errico, 62 anni, professione medico, non sta più nella pelle. Da qualche giorno ha fatto ritorno nella sua abitazione a Santa Maria del Cedro, dopo aver lottato e spazzato via paure e preoccupazioni per il contagio da coronavirus. Lo avevo contratto sul suo posto di lavoro, il reparto di Gastroenterologia dell'ospedale di Cetraro, quando lo scorso 5 marzo ha sottoposto a un esame la moglie di uno dei primi calabresi contagiati. Ma la donna non sapeva di avere il Covid-19, glielo hanno diagnosticato in ritardo, e quando quella mattina si è recata al presidio cetrarese lo ha trasmesso al medico, che come i suoi colleghi lavora in trincea con dispositivi di protezione poco adeguati. Tra lui e il Covid, quella mattina, c'era soltanto una mascherina chirurgica, rivelatasi evidentemente una barriera insufficiente. La notizia del suo contagio aveva angosciato l'intera costa tirrenica, dove l'uomo, ben voluto, e considerato un eccellente professionista.

Come in una prigione

Il dottore Errico è completamente guarito dal coronavirus, lo ha confermato l'esito dei due tamponi a cui è stato sottoposto negli ultimi giorni. Ma quei giorni, passati tra il reparto di Terapia Intensiva dell'ospedale di Cosenza e un centro Covid del cosentino, sono un ricordo indelebile. Non è mai stato in pericolo di vita, non ha mai neppure varcato la soglia del reparto di Terapia Intensiva, eppure ha ancora i brividi quando qualcuno gli chiede se abbia mai pensato di non farcela. «Tutto sommato stavo bene - dice il medico -, ma la preoccupazione era che le cose potessero peggiorare da un momento all'altro». E di non rivedere più i suoi figli, la sua famiglia, che continua a non vedere nemmeno ora, dal momento che dovrà rimanere in quarantena per altri 14 giorni. «È la parte più difficile, è come stare in carcere».

Il lato umano del dramma

Difficile a dirsi, ma il dramma del coronavirus ha un lato umano, quasi piacevole, di sicuro è la parte da cui trarre la forza per andare avanti e combattere il mostro invisibile. «È l'affetto - dice Errico -, amici e parenti ti chiamano, ti mandano messaggi in continuazione per sapere come stai. Senti che le persone ti vogliono bene e sono in pensiero per te. Anche se non puoi vederli è come se ci fossero. Questo ti dà veramente la forza di non mollare». E sul futuro non ha dubbi: «Tonerò in ospedale appena possibile».