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martedì 7 luglio 2015 | 09:45
Cronaca

Morte Federica Monteleone, l'ex Pm di Vibo Valentia deve risarcire la famiglia - Notizie

Per la cassazione, l'ex pm Laudonio pur essendo stato immediatamente informato omise di far mettere sotto sequestro la sala operatoria e tardò a informare dell’accaduto il pm che era di turno. In questo modo Laudonio aiutò a 'eludere le investigazioni'

di Redazione

Anche se i reati a lui contestati si sono prescritti – omissione di atti di ufficio e favoreggiamento personale – l’ex procuratore capo di Vibo Valentia, Alfredo Laudonio, dovrà comunque risarcire i familiari di Federica Monteleone, la sedicenne morta in seguito ad un intervento di appendicectomia all’ospedale Jazzolino di Vibo Valentia a causa di un black out in sala operatoria avvenuto il 19 gennaio 2007. Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni della sentenza 27817 depositate il primo luglio e relative all’udienza dello scorso 30 aprile che si è conclusa con la dichiarazione di prescrizione per l’ex magistrato, messo fuori ruolo dal Csm nel 2009, e con il rigetto del ricorso dello stesso Laudonio contro la condanna a indennizzare i parenti della vittima di questo eclatante caso di malasanità e insabbiamento delle indagini. L’ex procuratore capo, pur essendo stato immediatamente informato della grave vicenda dal direttore generale dell’ospedale, Alfonso Luciano, omise di far mettere sotto sequestro la sala operatoria e tardò a informare dell’accaduto il pm Fabrizio Garofalo che era di turno. In questo modo Laudonio aiutò Luciano a “eludere le investigazioni” e di fatto consentì che l’impianto elettrico, non a norma, fosse riparato. La Suprema Corte rileva, infatti, che, come poi emerso dalle indagini, l’interruzione di corrente elettrica si verificò per quindici minuti a causa della “irregolare modalità di allacciamento degli apparati alla rete elettrica (collegamento mediante comune ‘ciabatta’ alla rete ordinaria e non a quella protetta)” così bloccando il funzionamento dell’apparecchio di anestesia e rianimazione. Federica fu portata in coma all’ospedale di Cosenza dove morì il 26 gennaio. “L’omissione per la quale è stata accertata la responsabilità” di Laudonio – che non ha rinunciato alla prescrizione, rileva la Cassazione – “pur non avendo, all’evidenza, alcuna efficacia causale sulla determinazione dell’evento/morte della minore, tuttavia risulta potenzialmente idonea ad avere determinato la sofferenza dei prossimi congiunti in relazione alla evidenziata maggiore difficoltà nella ricostruzione dei fatti che hanno condotto a morte la ragazza”. Le indagini sarebbero certo state più rapide se Laudonio avesse disposto il sequestro della sala “consentendo la certa cristallizzazione della situazione al momento dell’interruzione di energia, o nel suo immediato seguito”. (ANSA)