Sezioni
Edizioni locali
Blog
mercoledì 10 giugno 2020 | 11:38
Cronaca

«Domani ci vogliono le scimmie», braccianti come schiavi: caporalato shock a Cosenza - Notizie

VIDEO | Oltre duecento le persone costrette a lavorare nei campi in condizioni degradanti e impiegati in turni di lavoro massacranti. Si poteva dar loro da bere anche l’acqua di un fosso di scolo dove venivano riempite le bottiglie. I matrimoni di comodo e il coinvolgimento di un dipendente dell’amministrazione comunale di Rossano

di Redazione

«Ma ste c**** di scimmie dove sono?»: sono intercettazioni shock quelle che emergono dall’inchiesta Demetra che ha portato a 60 misure cautelari tra Cosenza e Matera. L’operazione contro il caporalato, coordinata dalla Procura di Castrovillari, ha visto impegnati oltre 300 finanzieri del Comando Provinciale di Cosenza, con l’ausilio di militari dei Reparti di Catanzaro e Crotone.Gli indagati sono accusati di associazione per delinquere finalizzata all’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.L’imponente attività della Guardia di Finanza ha condotto in particolare all’applicazione di 14 ordinanze di custodia cautelare in carcere, 38 ordinanze di arresti domiciliari e 8 ordinanze di sottoposizione all’obbligo di firma. Sequestrate anche 14 aziende agricole, di cui 12 in provincia di Matera e 2 in provincia di Cosenza, per un valore stimato di quasi 8 milioni di euro, e di 20 automezzi utilizzati per il trasporto dei braccianti agricoli reclutati.

 

Intervista a Valerio Bovenga (Comandante Finanza Sibari)

Le indagini

L’indagine trae origine dal controllo, effettuato dai finanzieri della Tenenza di Montegiordano, di un furgone che, diretto nelle campagne lucane, percorreva la statale 106 Jonica con a bordo 7 braccianti agricoli provenienti dalla Sibaritide.

Le preliminari attività d’indagine conducevano, sin da subito, all’identificazione di numerosi soggetti, italiani e stranieri (in particolare, di nazionalità pakistana, magrebina e dell’Est Europea), impegnati in un’organizzata attività di sfruttamento illecito di manodopera bracciantile, “caporalato”, e di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nella piana di Sibari.

Braccianti come schiavi

Oltre 200 i braccianti reclutati e condotti sui campi in condizioni di sfruttamento, costretti a lavorare in assenza di dispositivi di protezione individuale, impiegati in turni di lavoro usuranti e costretti ad accettare condizioni di lavoro degradanti e non conformi alle prescrizioni  vigenti nel settore.

Due le associazioni criminali smantellate dalla Guardia di Finanza ed operanti tra la Calabria e la Basilicata.La prima, cui appartenevano, a vario titolo, 47 soggetti, impegnata in una fiorente attività d’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

L’organizzazione era così composta:

I matrimoni “di comodo”

La seconda, composta da 13 soggetti, impegnata, oltre che nell’illecito sfruttamento della manodopera, anche nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Ed invero, le indagini della Guardia di Finanza di Montegiordano hanno consentito di far emergere un’organizzata struttura criminale che, dietro pagamento di cospicue somme di denaro, organizzava matrimoni “di comodo” finalizzati a garantire la permanenza, sul territorio italiano, di una pletora di soggetti irregolari ovvero a favorire, mediante permessi di soggiorno per ricongiungimento familiare, l’ingresso di soggetti dimoranti all’Estero.

Dopo essersi procurati la documentazione necessaria, gli indagati organizzavano le nozze presso il Comune di competenza e, nel giorno stabilito, con la compartecipazione di testimoni fittizi, aveva luogo il matrimonio tra i finti nubendi i quali, poi, decorsi i termini di legge, si attivavano subito per attivare il procedimento di separazione personale prima e divorzio poi.

 

Le investigazioni della Guardia di Finanza hanno, altresì, permesso di: