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martedì 21 luglio 2020 | 06:03
Cronaca

Traffico di droga, maxi operazione della Guardia di finanza tra Lamezia e Vibo: 75 arresti - Notizie

NOMI-VIDEO | Indagate 158 persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, associazione dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, riciclaggio, fittizia intestazione di beni, corruzione ed altri reati, tutti aggravati dalle modalità mafiose. Sequestrati beni per 169 milioni di euro

Sono stati eseguiti in Italia e in Svizzera 75 provvedimenti restrittivi nei confronti di importanti esponenti della criminalità organizzata vibonese. Complessivamente indagati 158 soggetti. Eseguiti sequestri di beni per 169 milioni di euro.

 

Dalle prime luci dell’alba oltre 700 finanzieri del comando provinciale di Catanzaro e del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata di Roma, con il supporto dei reparti del comando Regionale Calabria, in simultanea con la polizia giudiziaria federale di Berna, stanno eseguendo una imponente operazione internazionale di polizia coordinata e diretta dalla procura di Catanzaro e dall’autorità giudiziaria elvetica, in un’azione comune contro la ‘ndrangheta e le sue proiezioni, nei confronti di diversi esponenti di affermate e risalenti famiglie della criminalità organizzata calabrese, operanti principalmente nel territorio che collega Lamezia Terme alla provincia di Vibo Valentia.

 

Sono stati arrestati, in contemporanea, in Italia e in Svizzera, 75 persone accusate, a vario titolo, di gravi delitti, fra i quali, associazione mafiosa, associazione dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, riciclaggio, fittizia intestazione di beni, corruzione ed altri reati, tutti aggravati dalle modalità mafiose.

 

L’operazione è il frutto di anni di intenso lavoro investigativo svolto nell’ambito di una Squadra investigativa comune (Joint Investigation Team) costituita presso Eurojust tra magistratura e forze di polizia dei due Paesi, cui hanno aderito, per l’Italia, la Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro e Reparti della Guardia di Finanza (Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catanzaro e S.C.I.C.O. di Roma) e, per la Svizzera, la Procura della Confederazione Elvetica di Berna e la Polizia Giudiziaria Federale di Berna.

 

I dettagli dell’operazione sono resi noti nel corso di una conferenza stampa al comando provinciale della Guardia di finanza di Catanzaro, alla presenza del procuratore Nicola Gratteri, del procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e dei vertici regionali e dello Scico della Guardia di finanza.

 

Fra gli indagati l'ex consigliere regionale ed ex sindaco di Pizzo Francescantonio Stillitani. Tra i politici finiti nella maxi inchiesta anche Giovanni Anello, assessore lavoro pubblici Polia (Vibo Valentia) finito in carcere; il sindaco Cenadi (Catanzaro) Alessandro Teti denunciato, così come il consigliere comunale di Cenadi Giovanni Damiano Deodato. Coinvolti anche i fratelli Rocco e Tommaso Anello, ritenuti al vertice dell’omonimo clan di Filadelfia (arrestati), Domenico Bonavota (latitante), ritenuto fra i capi dell’omonimo clan di Sant’Onofrio, i fratelli Giuseppe e Vincenzino Fruci di Acconia di Curinga. Indagato l’avvocato ed imprenditore Vincenzo Renda, 49 anni, di Vibo Valentia. Arrestati anche Domenico Ciconte di Sorianello (imprenditore boschivo), il costruttore Francesco Caridà di Pizzo Calabro. Indagato a piede libero Francesco Crigna di Parghelia per intestazione fittizia di beni.

Le accuse

A carico degli indagati del fermi, sono stati ipotizzati, a vario titolo, le accuse di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, traffico di sostanza stupefacenti, estorsione, illecita concorrenza con minaccia, o violenza, turbativa d'asta, corruzione, fittizia intestazione di beni, ricettazione, riciclaggio, autoriciclaggio, detenzione e traffico d'armi, danneggiamenti, traffico di moneta falsa, traffico di influenze, truffe ai danni dell'Inail, reati ambientali, tutte condotte contestate con l'aggravante delle modalità mafiose. 

 

Sequestri

Eseguito anche il sequestro preventivo disposto dal pubblico ministero dei beni immobili, aziende, società, beni mobili, rapporti bancari, riconducibili ai principali indagati, per un valore stimato in oltre 169 milioni di euro. Le indagini condotte dagli investigatori del Nucleo di polizia eonomico-finanziaria del Gico di Catanzaro e dallo Scico di Roma, importanti per il squestro, hanno consentito di ricostruire in capo agli indagati un notevole complesso patrimoniale in Calabria costituito da 124 terreni, 116 fabbricati, 26 società, 19 ditte individuali, 84 automezzi, 2 moto e diversi rapporti bancari e finanziari. Patrimonio detenuto in modo diretto che attraverso prestanome, il cui valore è risultato sproporzionato rispetto alle capacità economiche reddituali dei rispettivi titolari. Tra i beni sequestrati anche tre noti villaggi turistici, tra i più grandi della Calabria, ubicati nelle zone di Parghelia e Pizzo Calabro, in provincia di Vibo, e Curinga, in provincia di Catanzaro, per i quali si è ipotizzata la messa a disposizione della cosca Anello-Fruci.

 

I collaboratori di giustizia

Le indagini, che hanno beneficiato, oltre che dei riscontri di numerosissime attività di intercettazione telefonica ed ambientale, di puntuali dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia (sono state utilizzate le dichiarazioni di ben 29 collaboratori di giustizia), hanno consentito di delineare i profili della cosca quale organismo in grado di muoversi agevolmente entro, ma anche ben oltre, il proprio territorio di competenza e dotato di un esteso patrimonio materiale ed umano che gli ha permesso di essere presente sui contesti più diversificati, così come di interloquire con le altre cosche, sia territorialmente prossime che più distanti.Si tratta di una organizzazione criminale, al vertice della quale si pone Rocco Anello, non attinto dall’odierno provvedimento di fermo in quanto già detenuto in carcere, così come altri sodali.

 

I rapporto con le altre cosche

I rapporti della cosca Anello-Fruci registrati con le altre consorterie dell’ampio distretto di Catanzaro - già emersinell'indagine Rinascita-Scott, i cui esiti complessivi, con la leadership di Luigi Mancuso, avrebbero trovato ulteriore conferma nei risultati del presente procedimento - riguardavano sostanzialmente tutte le maggiori cosche di ‘ndrangheta attinte dai provvedimenti giudiziari emessi negli ultimi anni nei procedimenti trattati da questa Direzione distrettuale antimafia. Un'ampia rete di relazioni con numerose cosche calabresi, tra i quali i Mancuso di Limbadi, i Bonavota di Sant’Onofrio, i Tripodi di Vibo Marina, i Lo Bianco di Vibo Valentia, gli Accorinti di Zungri, Iozzo-Chiefari di Chiaravalle Centrale, i Bruno di Vallefiorita, esponenti della consorteria dei Trapasso di S. Leonardo di Cutro, oltre che le cosche della provincia di Reggio Calabria quali i Pesce di Rosarno, gli Alvaro di Sinopoli, nonché operanti in Sicilia. Si tratta di rapporti fatti di reciproci scambi e richieste per la risoluzione di problemi piuttosto che per la spartizione di affari e per il rifornimento di armi o droga.

 

I summit di 'ndrangheta

Le indagini hanno documentato, peraltro, alcun specifici summit mafiosi, tra gli esponenti di vertice della cosca Anello ed esponenti tanto della cosca Mancuso di Limbadi, quanto della cosca Tripodi di Vibo Marina nonché della ‘ndrina Lo Banco-Barba di Vibo Valentia; si tratta di summit finalizzati a chiarire disguidi o incomprensioni riguardanti, tra gli altri, l’affidamento dei lavori nei settori di influenza dell’organizzazione criminale, quale lo sfruttamento delle risorse boschive, ovvero pretese dei gruppi criminali dei Lo Bianco e dei Tripodi nei confronti di un imprenditore del settore turistico, Antonio Facciolo, ritenuto organico alla consorteria Anello.

 

Settori economici

Turismo: attraverso una profonda infiltrazione all’interno di alcune delle più importanti realtà della fascia tirrenica del territorio di azione, rispetto alle quali, alcuni imprenditori del settore, i fratelli Emanuele e Francescantonio Stillitani, traendone i relativi benefici sia in termini di protezione mafiosa che di tipo economico; forniture, guardiania e servizi connessi all’attività erano a gestione esclusiva della cosca;

 

Sfruttamento del settore boschivo: gli interessi della cosca erano rivolti al remunerativo settore dei tagli boschivi nella zona a cavallo tra le pre-serre vibonesi e catanzaresi. In tale settore la cosca, attraverso l’imprenditore di riferimento, Nicola Antonio Monteleone, organico alla consorteria e uomo di fiducia del capo cosca Rocco Anello,

 

Interessi in Svizzera: il legame di Rocco Anello con la Svizzera, sede di investimenti e traffici illeciti della cosca, è di lunga data. I principali referenti sarebbero Carmelo Masdea (uomo soprattutto vicino a Tommaso Anello), Marco Galati e Fiore Francesco Masdea, ne curavano gli affari provvedendo al comparto armi e gestione attività economiche, riscuotendo soldi (le cosiddette “potature”) e trasportando, in contanti, ingenti somme di denaro verso Filadelfia;

 

Movimento terra e fornitura di calcestruzzo: le imprese riconducibili a Rocco Anello esercitavano il monopolio per le opere di movimento terra sui cantieri del territorio di competenza per la costruzione di supermercati, edifici pubblici, strutture turistico-alberghiere; grazie al suo capillare controllo del territorio riusciva a intervenire su di essi anche prima dell’avvio dei lavori. La cosca imponeva alla aziende di rifornirsi presso l’impianto di calcestruzzo riconducibile ad un altro fedelissimo Daniele Prestanicola.

Acquisizioni immobiliari: terreni, capannoni, immobili di pregio e interi compendi immobiliari, anche con il concorso di professionisti, e di figure dirigenziali all’interno dei comuni, diventavano di proprietà di Rocco Anello attraverso l’intestazione fittizia a terzi. 

Truffe Inail: il meccanismo collaudato predisposto e attuato dal sodale Nazzareno Bellissimo, con il concorso di un dipendente dell’Inail.

Riciclaggio automezzi: la cosca si dedicava con altrettanta spregiudicatezza al riciclaggio di automezzi rubati o anche solo parti di essi. Con un’attenzione quasi spasmodica al “mercato” e alla disponibilità dei mezzi di volta in volta di interesse, gli accoliti si mostravano in grado di operare anche personalmente, dal punto di vista meccanico, sugli automezzi, manomettendo all’occorrenza i telai in modo da renderli irrintracciabili.

 

Gli indagati