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venerdì 31 luglio 2020 | 06:34
Cronaca

Arresti a Reggio Calabria, colpo ai Labate: così la cosca faceva affari con le onoranze funebri - Notizie

NOMI-VIDEO | Sei persone in manette. Tra i reati contestati anche estorsioni e detenzione di armi da guerra. Nel blitz dei carabinieri all'alba coinvolta anche una dipendente del Comune 

Arresti all’alba a Reggio Calabria. In particolare, nella mattinata odierna, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica – Direzione distrettuale Antimafia – di Reggio Calabria, diretta dal procuratore capo  Giovanni Bombardieri, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari e contestuale decreto di sequestro preventivo nei confronti di 6 persone (4 in carcere e 2 agli arresti domiciliari), nonché una misura interdittiva personale (sospensione per mesi 12 dall’esercizio di pubblico ufficiale o servizio) e una misura di sequestro preventivo delle quote di partecipazione e di tutti gli elementi presenti nel patrimonio aziendale riguardante una impresa di onoranze funebri denominata “Croce Amaranto” con sede in Reggio Calabria.

Gli indagati

Le misure emesse dal gip del Tribunale di Reggio Calabria, Antonino Foti, su richiesta della competente Direzione distrettuale antimafia, sostituti procuratori Diego Capece Minutolo e Stefano Musolino, nei confronti di

 

L’attività d’indagine, condotta dalla Compagnia di Reggio Calabria, a partire dal 2017, scaturisce dall’arresto di Francesco Toscano avvenuto il 16 giugno del 2017, a seguito del rinvenimento di armi d’assalto, anche da guerra e relativo munizionamento.

La cosca Labate e il domino a Reggio

Gli elementi di indagine racchiudono ed attualizzano le risultanze investigative anche di altre inchieste, quali “Bumma”, “Roccaforte” ed “Eterna”, e delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia.

Nello specifico, dalle attività di indagine sono emersi e contestati i seguenti fatti reato:

associazione di tipo mafioso per avere stabilmente fatto parte della struttura organizzativa visibile dell'associazione di tipo mafioso ed armata denominata 'ndrangheta, presente ed operante sul territorio nazionale e all'estero, costituita da numerosi locali, articolata in tre mandamenti, con organo di vertice collegiale denominato "Provincia", ed in particolare della sua articolazione territoriale denominata cosca "Labate" ("Ti Mangiu") in prevalenza operante nel quartiere Gebbione del Comune di Reggio Calabria e nelle aree limitrofe, avvalendosi della forza di intimidazione scaturente dal vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà nel citato territorio, per commettere una serie indeterminata di delitti; in particolare, mediante i seguenti ruoli qualificati:

 

Le estorsioni e le armi

Inoltre a Pietro Toscano viene contestato il reato di:

 

Trasferimento fraudolento di valori

 

 

La droga

Inoltre a Francesco Toscano, figlio di Pietro, viene contestato il reato di:

Il ruolo del dipendente comunale

Inoltre, a Antonia Messina, viene contestato il reato di:

I soldi per corrompere un giudice

Di particolare interesse sono le risultanze emerse su Pietro Toscano e la descrizione della pericolosità dello stesso che discende anche dai contatti privilegiati che lo stesso ha vantato di possedere, nel momento in cui ha dichiarato che tale "Nino" aveva proposto al predetto Pietro la somma di 500 milioni di lire per corrompere un giudice in servizio all'epoca presso il Distretto giudiziario di Reggio Calabria.

La misure interdittiva per l’impresa funebre

Infine, illuminante è il gesto compiuto dalla dipendente del comune di Reggio Calabria la quale non appena apprendeva la notizia della emissione da parte della Prefettura della informativa interdittiva antimafia nei confronti della ditta "Croce Granata", si recava immediatamente da Pietro Toscano a riferire quanto appreso. Benché la Messina non fosse legata al Toscano da alcun vincolo di parentela o amicizia, la donna si precipitava per comunicargli quanto appreso nell'esercizio delle sue funzioni. Come si avrà modo di costatare, la conversazione era caratterizzata da un evidente senso di soggezione della donna e del marito, i quali si scusavano finanche con il Toscano per il disturbo arrecatogli. Da ciò si evince il riconoscimento di un ruolo di primo piano nella gerarchia criminale del quartiere ove la stessa Messina abitava nei confronti di Toscano.

L’ingegnere e la protezione dei Toscano

Similmente può affermarsi in relazione alla vicenda relativa ad un ingegnere, il quale, in cambio della protezione mafiosa garantita da Pietro Toscano in merito alla problematica insorta con un suo cliente, si metteva a disposizione per il rilascio di autorizzazioni amministrative per l'imminente apertura della ditta "Croce Granata", non essendo ben chiaro se detto contributo consistesse nella predisposizione di elaborati tecnici o in altri tipi di agevolazione. Ciò che maggiormente colpisce della vicenda è l'assoggettamento di un professionista che, sentitosi ingiustamente minacciato, piuttosto che denunciare il fatto alle competenti autorità, preferiva rivolgersi a Pietro Toscano, conscio della forza intimidatrice che lo stesso avrebbe esercitato sul predetto cliente. A sua volta, il Toscano adottava la più tradizionale forma di espressione del carisma criminale, facendo sentire l'ingegnere un suo protetto e, al tempo stesso, in debito per l'attenzione ricevuta.