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mercoledì 26 agosto 2020 | 16:49
Cronaca

Rinascita Scott, Comune e Asp di Vibo Valentia parte civile contro gli “infedeli” - Notizie

VIDEO | Il sindaco Limardo e il commissario Giuliano spiegano le motivazioni dell'atto che presenteranno nell'udienza dell'11 settembre 

di Agostino Pantano

Il commissario Giuliano

Sia l’Azienda sanitaria di Vibo Valentia che il Comune hanno intenzione di costituirsi parte civile nell’udienza preliminare del processo Rinascita Scott, e mentre l’Asp ha già deliberato in questo senso, l’ente si prepara a farlo. «Non è un atto dovuto ma un atto voluto – dichiara Giuseppe Giuliano, commissario dell’Asp – che abbiamo prodotto convinti che la legalità non sia solo un insieme di principi ma anche e soprattutto un quadro di comportamenti». «Appena saremo nelle condizioni di formalizzare l’atto – spiega il sindaco Maria Limardo – ci costituiremo parte civile come abbiamo fatto per altri procedimenti».

 

A Roma, nell’udienza programmata nell’aula bunker di Rebibbia per l’11 settembre, ci sarà anche il legale di un Comune che nel dicembre scorso, scorrendo le fattispecie delittuose ipotizzate - con gli arresti pure di diversi dipendenti, anche apicali, e di un consigliere di opposizione – per certi versi era sembrato complice del malaffare, più che altro. Una friabilità amministrativa ereditata dal passato, evidentemente arginata dagli attuali amministratori – che non sono stati gravati dall’invio di una commissione d’accesso – per una compagine di maggioranza che, di fronte al caso giudiziario, aveva anche patito la defezione dell’allora presidente del consiglio, Giuseppe Muratore, che polemicamente si ritirò dal civico consesso, invocando un maggiore e più tempestivo dinamismo antimafia del centrodestra.

 

«Vogliamo tutelare il diritto di quella parte sana della Comunità, che è preponderante – prosegue il sindaco – a vivere in una società libera dalla ‘ndrangheta».

E siccome tra i 456 che compariranno davanti al Gup, figurano anche medici dell’Asp, inevitabile il senso di sconforto che si prova quando ci si costituisce contro presunti infedeli degli uffici che si diriggono. «Non è questione di imbarazzo – conclude Giuliano – ma sappiamo che, seppur rispettosi delle garanzie costituzionali, siamo obbligati anche moralmente ad agire».