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martedì 19 ottobre 2021 | 14:35
Cronaca

La diatriba - Dirigenti via quando decade il dg dell’Asp: la legge regionale scricchiola, l’ultima parola alla Consulta - Notizie

La Cassazione ha trasmesso gli atti alla Corte costituzionale. Il dubbio di legittimità riguarda la decadenza automatica dei quadri che pregiudicherebbe la continuità dell'azione amministrativa

di Luana  Costa

Potrebbe presentare profili di illegittimità costituzionale la legge regionale 11 del 2004 che - all'articolo 15 - comporta l'automatica cessazione dagli incarichi dei direttori amministrativi e sanitari come diretta conseguenza della decadenza del direttore generale delle aziende sanitarie e ospedaliere.

Atti alla Consulta

La Corte di Cassazione ha, infatti, ieri trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale affinchè affronti la questione di legittimità sollevata dalla legge regionale che si pone in contrasto con gli articoli 97 e 98 della Costituzione, i quali regolamentano in sintesi l'organizzazione dei pubblici uffici al fine di garantire il buon andamento e l'imparzialità dell'azione amministrativa. Per la Suprema Corte la questione di legittimità è «ammissibile, rilevante e non manifestatamente infondata». 

Il caso dell'Asp di Crotone

Il caso è stato sollevato da Carmelo Sergio Buttà, ex direttore amministrativo dell'Asp di Crotone, che si era visto cessare dall'incarico a seguito della decadenza del direttore generale, Michele Talarico. La causa risale nel tempo, precisamente all'agosto del 2005, quando con propria delibera la giunta regionale dichiarava la sospensione dall'incarico del direttore generale per disavanzo di gestione, a questa faceva seguito l'automatica decadenza del direttore amministrativo in virtù della legge regionale. L'ex direttore amministrativo ha presentato ricorso in Cassazione, a resistere con controricorso la Regione Calabria e l'Asp di Crotone, quest'ultima difesa dall'avvocato Alfredo Gualtieri.

Nessun accertamento dei risultati

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili gli altri motivi del ricorso, ritenendo però non manifestatamente infondata la questione di legittimità costituzionale. In particolare, i giudici richiamano una precedente sentenza della Consulta (del 2010) secondo la quale «i meccanismi di decadenza automatica se riferiti a figure dirigenziali non apicali si pongono in contrasto con l'articolo 97 della Costituzione, in quanto pregiudicano la continuità dell'azione amministrativa, introducono un elemento di parzialità e svincolano la rimozione del dirigente dall'accertamento oggettivo dei risultati conseguiti». 

Continuità dell'azione amministrativa

Secondo i giudici della Suprema Corte, l'instaurazione del rapporto di lavoro è connesso «all'esigenza dell'amministrazione ospedaliera di garantire la continuità delle funzioni dirigenziali proprie del direttore amministrativo» mentre la legge regionale - così come concepita - non ancora l'interruzione del rapporto di lavoro «alle modalità di svolgimento delle funzioni di direttore amministrativo» nel caso in cui queste arrechino «un vulnus ai principi di efficienza, efficacia e continuità dell'azione amministrativa»; né «consente alcuna valutazione dell'operato del direttore amministrativo». 

Nomina fiduciaria? 

Infine, neppure la circostanza che fa derivare la nomina da una scelta fiduciaria del direttore generale può farsi valere poiché secondo i giudici: «Al funzionario o al dirigente non apicale non è richiesta la personale adesione agli orientamenti politici» in quanto la previsione costituzionale «richiede ai pubblici impiegati, in quanto al servizio esclusivo della nazione, il rispetto del dovere di neutralità a prescindere dalle proprie personali convinzioni».