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sabato 30 aprile 2022 | 11:05
Cronaca

Processo Xenia - Riace, a maggio la prima udienza in appello per l’ex sindaco Mimmo Lucano - Notizie

Alla sbarra l'ex primo cittadino e altri 17 imputati condannati per illeciti sulla gestione dei progetti di accoglienza ai migranti nel borgo della Locride (ASCOLTA L'AUDIO)

di Ilario  Balì

Si svolgerà il prossimo 25 maggio la prima udienza del processo di Appello per l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano e le altre persone condannate nel processo “Xenia” che in primo grado a Locri si è concluso con 17 condanne e 8 assoluzioni. Lo ha comunicato il presidente della Seconda sezione della Corte d’Appello di Reggio Calabria, ricordando che proprio il 25 maggio alle ore 9:30 si procederà – qualora ricorrano i presupposti di legge - con la camera di consiglio con udienza cartolare, senza intervento del Pm e dei difensori, tranne che una delle parti private o il pubblico ministero facciano richiesta di discussione orale o che gli imputati manifestino la volontà di comparire nei termini di legge. Nel processo sono costituite parti civili, il Ministero dell’Interno e la Siae.

L’ex primo cittadino famoso in tutto il mondo è stato condannato in primo grado a 13 anni e 8 mesi di reclusione per illeciti sulla gestione dei progetti di accoglienza ai migranti nel piccolo borgo della Locride. Secondo i giudici di piazza Fortugno «Lucano, da dominus indiscusso del sodalizio, ha strumentalizzato il sistema dell’accoglienza a beneficio della sua immagine politica. Un’organizzazione tutt’altro che rudimentale, che rispettava regole precise a cui tutti si assoggettavano, permeata dal ruolo centrale, trainante e carismatico di Lucano il quale consentiva ai partecipi da lui prescelti di entrare nel cerchio rassicurante della sua protezione associativa, per poter conseguire illeciti profitti, attraverso i sofisticati meccanismi, collaudati negli anni e che ciascuno eseguiva fornendogli in cambio sostegno elettorale».

Contro la sentenza di condanna hanno presentato appello gli avvocati di Lucano, Giuliano Pisapia e Andrea Daqua. Secondo i difensori «la motivazione è risultata assolutamente carente rispetto alla corposa documentazione da noi prodotta. Con il proposto gravame abbiamo contrastato, nel merito, i singoli capi della sentenza e le argomentazioni (contraddittorie) del Tribunale, a partire da quelle sui reati più gravi: associazione per delinquere e peculato – aggiungono - Siamo convinti di aver fornito alla Corte di Appello argomentazioni sufficienti per la riforma della sentenza impugnata e la conseguente assoluzione di Mimmo Lucano».

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