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lunedì 23 maggio 2022 | 12:56
Attualità

Festival dei 5 colori - A scuola di doppiaggio con Monica e Luca Ward: «L’arte fondamentale per veicolare messaggi importanti» - Notizie

VIDEO | Conclusa a Tropea la prima edizione del Festival dei 5 colori, la kermesse finalizzata a sensibilizzare quante più persone possibile al tema della prevenzione legato ad una corretta alimentazione

di Tonino Raco

Sì è conclusa nella giornata di ieri la prima edizione del Festival dei 5 colori a Tropea. Cinque giornate ricche di convegni medici, intrattenimento e spettacoli che hanno avuto come scopo principale quello di sensibilizzare quante più persone possibile al tema della prevenzione legato ad una corretta alimentazione.

L’evento ha visto tra i protagonisti delle giornate finali Luca Ward e la sorella Monica, che con il loro Ward Lab hanno consentito a grandi e piccoli di sperimentare in prima persona l’arte del doppiaggio, dispensando consigli e sopratutto facendo divertire tutti i presenti. L’attore, noto per aver prestato la voce tra gli altri a Samuel L. Jackson, Pierce Brosnan, Russell Crowe e Hugh Grant, prima di ricevere dall’organizzazione del Festival un premio per il suo impegno sociale, ci ha raccontato del suo rapporto con Tropea e delle sue sensazioni sulla manifestazione.

L'intervista a Luca Ward

Luca, è la sua prima volta a Tropea? Che atmosfera ha trovato?«No, non è la prima volta per fortuna. Ci sono venuto per la prima volta tanti anni fa, 1979, con la mia prima moglie. È stata un’esperienza bellissima, pensate che noi da Roma tutti i weekend lì facevamo a Tropea. All’epoca, certo, non c’erano i velox, io avevo la macchina velocissima e quindi ci mettevamo tre ore, Roma-Tropea. Fantastico».

Quale collegamento c’è, se c’è un collegamento, tra l’alimentazione e la comunicazione verbale?«Vanno di pari passo! A tavola si parla. E di cosa parlano gli italiani quando stanno a tavola? Di cibo. Di solito si parla di cibo, non si parla d’altro. Il cibo per noi italiani è proprio convivialità, è scambio, a tavola nascono le idee, nascono progetti, nascono amicizie, si conoscono cose. È straordinario. C’è un collegamento assolutamente forte».

Si è tenuto in questi giorni un laboratorio artistico di recitazione e di doppiaggio. C’è qualche consiglio che si può dare, da mettere in pratica nella quotidianità, per migliorare il modo di parlare, la comunicazione, la respirazione? Un consiglio a chi vuole intraprendere il mestiere del doppiatore.«Guarda, chi vuole fare questo mestiere, il doppiaggio, deve partire dal teatro. Non si può prescindere. Non si diventa attori in sala di doppiaggio o attori su un set, l’attore si forma in teatro, sul palcoscenico, dopodiché si specializza in quelle che sono le tecniche: tecniche cinematografiche e tecnica del doppiaggio. Non ci si prepara a casa col computer e poi ci si presenta in uno studio a fare un provino, non serve a niente. Ci vuole il teatro. Se c’è il teatro si riesce ad interpretare, a capire quello che i tuoi colleghi stranieri hanno fatto sullo schermo».

Quanto è importante veicolare un messaggio tramite l’arte, soprattutto quando questo messaggio è rivolto ai più giovani?«È fondamentale. Anche perché se non gli diamo una mano noi a sti ragazzi, in Italia se li sono un pò dimenticati i giovani. Ne parlano tutti tanto, si riempiono la bocca di giovani, giovani, giovani però non ve se fila proprio nessuno! Quindi se non lo facciamo noi che siamo stati a nostra volta giovani però in un’epoca diversa dove non parlavano di giovani ma pensavano a noi. Oggi non è così».

Come hai trovato questo festival e come ti è sembrata l’organizzazione di questo festival?«È fantastico, è molto bello, è soprattutto aggregante. Pensa che noi dovevamo fare una dimostrazione di doppiaggio in una sala che poteva contenere 40/50 persone e invece ci hanno chiesto di farlo in una stanza più grande perché così può venire più gente. L’arte mette insieme, è straordinario, e questo festival lo fa. Hanno deciso di spostare location con grande tranquillità, l'hanno fatto con grande disponibilità. Quindi bello!».

Un pensiero sul premio che ti è stato conferito. «I premi fanno sempre piacere, per carità. Poi prenderlo a Tropea che ha una storia straordinaria, anche nel mio passato. Però i premi secondo me andrebbero dati ai ricercatori, ai medici, a tutta quella gente che fa del bene, a quelle associazioni come la Caritas. I premi diamoli a chi veramente fa delle cose importanti per il prossimo».