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lunedì 5 settembre 2022 | 20:04
Cronaca

L’inchiesta di Brescia - La ricetta del clan alla crisi: «Meglio quando non lavoravo e giravo solo fatture dalla mattina alla sera» - Notizie

Le intercettazione dell'imprenditore Martino Tarasi, ritenuto legato agli Arena di Isola Capo Rizzuto e che la Dda di Brescia indica come l’artefice di un sistema di società fantasma dal giro d’affari stimato in 20 milioni di euro (ASCOLTA L'AUDIO)

di Vincenzo Imperitura

«Però la verità la devo dire, quando sono andato meglio è quando non ho lavorato. Giravo solo fatture. Solo fatture, solo fatture dalla mattina alla sera». Martino Tarasi – l’imprenditore ritenuto legato agli Arena di Isola Capo Rizzuto e che i magistrati della distrettuale indicano come vertice dell’ennesimo castello di carte fiscale fortificato a forza di fatture farlocche e altrettanto fantasiose operazione finanziarie – non sa di essere intercettato quando si vanta, con un sodale, della sua particolare “ricetta” ai morsi della crisi economica.

Una ricetta fatta di società cartiere e messa in piedi per lavare parte dei soldi del clan. Ed è lo stesso Tarasi a spiegare, con naturalezza, la semplicità del sistema scoperto dagli investigatori bresciani. «Avevo due o tre ragazzi con due tre aziende… senza nemmeno un operaio… loro fatturavano a sti clienti, i clienti facevano il bonifico, loro li toglievano ed io glieli riportavo contanti e mi tenevo il 10, il 15%, dipende».

L’imprenditore del clan

Ritenuto organico del ramo dei “Cicala” di Isola Capo Rizzuto, Martino Tarasi è considerato dagli inquirenti «alle dirette dipendenze» di Salvatore Arena, il “Caporale”: indicato dal Gip come «fulcro e principale promotore dell’intera attività criminale, della quale rappresenta l’imprescindibile punto di riferimento organizzativo e decisorio», l’imprenditore avrebbe disegnato una galassia di società fantasma – la Soave, la Michel Service, la General Costruzioni: una quindicina in tutto quelle individuate dai magistrati su tutto il territorio nazionale – distribuendole ad altrettanti prestanome, organizzando e gestendo un giro vertiginoso di false operazioni.

Commercialisti, funzionari pubblici e colletti bianchi nel sistema

Un sistema estremamente efficiente che riusciva a trovare sempre nuove “risorse” anche grazie ad una serie di imprenditori che, ipotizzano le indagini, facevano la fila per entrarci. Per non dire di commercialisti, funzionari pubblici e colletti bianchi tra la Calabria e la Lombardia. Un sistema così sfacciato che aveva portato Tarasi a ritenersi al di sopra delle indagini grazie ad una serie di stratagemma orchestrati sapientemente: «Devi avere il tempo e devi saperli ricompensare, non le devi fare a nome tuo, mai. Ogni anno le cambiavo queste società – racconta ancora l’imprenditore ignaro delle cimici piazzate dagli inquirenti – ogni anno, e mai un controllo mi è arrivato. Mai, mai, mai… aziende che hanno fatturato 4, 5 milioni all’anno, eh».