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venerdì 7 ottobre 2022 | 10:39
Cronaca

La condanna - Ergastolo per lo ‘ndranghetista originario di Platì che uccise con un pacco bomba un detective australiano - Notizie

Domenic Perre stava già scontando in Australia una pena di 6 anni per traffico internazionale di stupefacenti. Nel 1994 spedì l’ordigno nella sede della National Crime Authority di Adelaide per vendicarsi delle indagini nei confronti della sua famiglia

di Vincenzo Imperitura

La notizia rilanciata dai media australiani

«Il suo comportamento è stato brutale, privo di ogni sensibilità umana». Non ha usato mezzi termini il giudice della Suprema corte Kevin Nicholson nel condannare al carcere a vita – con la possibilità di chiedere la libertà condizionata solo nel 2054 – Domenic Perre, sessantacinquenne calabro-australiano di Platì da anni emigrato nel South Australia, ritenuto colpevole di un attentato dinamitardo in cui rimase ucciso, nel 1994, il detective della National Crime Authority (Nca), Geoffrey Bowen.

Già coinvolto in diverse operazioni antidroga condotte dalla polizia federale australiana, Perre, ritenuto organico della locale di Adelaide, stava scontando in galera una condanna per traffico internazionale di stupefacenti a 6 anni e dieci mesi di reclusione.

Perre è stato condannato per avere spedito un pacco bomba al quartier generale della National Crime Authority di Adelaide nel 1994 che provocò oltrè alla morte del detective anche il ferimento dell’avvocato Peter Wallis. La bomba, ha dimostrato l’indagine, era stata spedita da Perre come vendetta per le indagini che la Nca aveva condotto contro il traffico di droga architettato dalla sua famiglia.

Nell’immediatezza dell’attentato, gli avvocati di Perre erano riusciti a fare cadere le accuse. Almeno fino al 2018, quando nuove indagini sul Dna incastrarono l’italo australiano. Ritenuto colpevole nel giugno scorso, oggi, riportano i media australiani, è arrivata la quantificazione della sentenza. «Questo attacco al cuore del nostro sistema di giustizia – ha detto ancora il giudice motivando la sentenza – non è stato solo premeditato ma pianificato per lungo tempo e poi eseguito a sangue freddo».