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martedì 21 febbraio 2023 | 10:37
Opinioni

Nuove gabbie salariali, “aperture” ai fondi privati ed autonomia “differenziata”. Scampato pericolo? - Notizie

Il ministro dell'Istruzione Valditara ha riproposto la misura per gli insegnanti ed è stato sommerso da un coro di critiche che, per il momento sembra averlo zittito

di Carlo Crippa

Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara

Sarà anche un dovere civico da persone intelligenti quello di giudicare Giorgia Meloni ed i suoi Fratelli d’Italia senza occhi foderati di Novecento, sforzandosi quindi di non vedere in lei e nei suoi amici di cordata i soliti fascisti riveduti e corretti, ma è un dovere molto difficile. Giuseppe Valditara, ministro dell’istruzione del governo Meloni, ha riproposto per gli insegnanti le gabbie salariali, cioè uno dei più odiosi espedienti padronali mai escogitati nella storia italiana per discriminare lavoratori uguali in tutto e per tutto, ma è stato sommerso da un coro di critiche che, per il momento, sembrano averlo zittito.

Lo stesso ministro ha proposto l’“aperturadelle scuole ai fondi privati, che in parole più chiare significa la sponsorizzazione delle scuole, come avviene, dalla fine del Novecento in poi, negli Stati Uniti, dove capita che le scuole stipulino contratti con le aziende, che così si possono “prendere” le mense scolastiche facendosele pagare, possono fare pubblicità ai propri prodotti attraverso le mense (come la Disney in certe scuole elementari), imporre dodici minuti obbligatoria di pubblicità televisiva giornaliera a volume fisso e non modificabile, infilare una pagina di pubblicità del marchio sponsorizzante ogni quindici pagine di libro di testo, rendere obbligatorio un corso di storia aziendale del marchio, obbligare gli studenti indossino T shirts del marchio agli eventi pubblici della scuola e, come ha fatto la Coca Cola, ottenere che gli studenti che si rifiutano di indossare il pregiato abbigliamento siano espulsi o almeno sospesi.

Al momento non risulta che il governo Meloni voglia imboccare questa via ma, rispetto alla prospettiva di questo brutto scenario americano, ancora inedito in Europa, le opposizioni sono state comunque minori. Scampato pericolo? Proprio per niente. Sarà, infatti, anche un dovere civico da persone non prevenute quello di giudicare Matteo Salvini e la Lega senza pregiudizi, ricordandosi che la Lega secessionista di Bossi e quella territorialista di Maroni non ci sono più e che Salvini ha trasformato la Lega in un grande partito di “destra nazionale” come il Movimento Sociale Italiano a suo tempo (ah, i maledetti riferimenti novecenteschi!), sforzandosi quindi di non vedere, in lui e nei suoi amici, i soliti razzisti alla luce delle mutate condizioni storiche, ma questo è un dovere ancora più difficile, perché la Lega è riuscita a “piazzare” in Parlamento la cosiddetta “autonomia differenziata”, una proposta che porterà alla frantumazione culturale, economica, politica e sociale di un paese che, dalla sua nascita, nel 1861, non ha mai cessato di essere “a due velocità”.

L’autonomia “differenziata” è pericolosa perché prefigura uno scenario anche peggiore di quello americano e cioè uno scenario balcanico anni Novanta del Novecento o russo-ucraino contemporaneo. Nel secondo dopoguerra, fino alla fine del Novecento, la Jugoslavia è rimasta integra e fuori da ogni guerra in forza della sua politica di perequazione economica che, attraverso metodi autoritari o meno, ha tenuto insieme un paese composito che era stato letteralmente una “invenzione” dei trattati di pace di Versailles del 1919 seguiti alla prima guerra mondiale. È stato solo negli anni Ottanta del Novecento, il decennio successivo alla morte di Tito, che l’insipienza politica locale ha portato alla “riscoperta” delle “piccole patrie”, virtuosa per l’Occidente perché anticomunista. Ed i futuri criminali di guerra, i Milosevic, i Karadzic e compagnia brutta, inizialmente erano persone che ragionavano proprio come Bossi, Maroni e Salvini.