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venerdì 27 aprile 2018 | 13:47
Politica

Certezza della pena, la proposta di legge della madre di Giuseppe Parretta - VIDEO - Notizie

Secondo la presidente dell'associazione e mamma del giovane ucciso lo scorso 13 gennaio, ci sarebbero dei vuoti normativi per alcune fattispecie di reati

di Giuseppe Laratta

Una petizione per una proposta di legge di iniziativa popolare che dica no al rito abbreviato e alle misure alternative alla detenzione nei casi omicidio, tentato omicidio, femminicidio, omicidio di identità (ovvero quelle donne che vengono uccise con l'acido) e omicidio stradale. E' l'iniziativa lanciata da Libere Donne, presieduta da Katia Villirillo – madre di Giuseppe Parretta, il 18enne ucciso brutalmente nella sede dell'associazione lo scorso 13 gennaio, dall'associazione Domino – presieduta dall'avvocatessa Jessica Tassone – con la collaborazione del Csv Aurora di Crotone.

 

«Abbiamo deciso di avviare questa petizione – ha dichiarato Katia Villirillo – poiché manca l'espiazione delle pena per alcuni omicidi fatti in maniera efferata. Dopo la morte di Giuseppe, vivendo il mio dolore, ho visto che veniva uccisa Jessica Notaro, Pamela e altre vittime, ho maturato alcune idee e ho ricominciato il mio lavoro all'interno dell'associazione che si è sempre battuta per casi di femminicidio. Ho capito, dopo quello che mi era successo, che c'era qualcosa che mancava e, grazie alla collaborazione dell'avvocato e presidente dell'associazione Domino Jessica Tassone, che mi aiutato giuridicamente a scrivere tutti questi pezzi del puzzle. Studiando, abbiamo messo a punto questo documento importante; sono sicura che riusciremo a raccogliere le firme per presentare questa proposta di legge poiché credo nella giustizia e nella brava gente».

«Abbiamo scelto queste fattispecie di reato – ha dichiarato l'avvocato Tassone – poiché non vogliamo chiedere uno stravolgimento all'interno di quella che è la certezza della pena nel nostro ordinamento, bensì il colmare quel vuoto normativo che risiede laddove i recidivi, rimessi in libertà poiché beneficiari di sconti di pena o di misure alternative alla detenzione, continuano a colpire. Questo è stato il motivo che ha ci spinto verso questa scelta, oltre che all'omicidio aggravato e nei casi di omicidio efferato come quello di Giuseppe Parretta».