La Leguccia, Floscia Italia e i nipotini der Pecora

Nino Spirlì? Non già Presidente ff, ma un Presidente FFSS. E poi i Gianlucagallici, i preOcchiutici, i Cannizzarici, i Marialimardiani e Tallini d'Achille, un "nero relativo". Ecco il centrodestra calabrese, tra vecchie pulsioni e nuovi scenari

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di Antonella Grippo
1 novembre 2020
10:07
Nino Spirlì (foto Facebook)
Nino Spirlì (foto Facebook)

Chiunque intrattenga un minimo di consuetudine con le cose della politica non può non indagare il sottotesto delle dichiarazioni di Silvio Berlusconi. L'ultima, in ordine di tempo, è la seguente: «I voti azzurri in parlamento. Occorre unire gli sforzi nell'interesse del Paese».

Il Cavaliere, intenzionato a soccorrere Conte in questi giorni funesti, parla a nuora perché suocera intenda. Tradotto: "Matteo (Salvini), pur di farti fuori, sono disposto a testimoniare che Alfonso Bonafede è un mandrillone della madonna e che si è fatto persino Belèn Rodriguez".


 

La cosa, ancorché allarmante, non deve aver turbato affatto il sonno a quell'ardimentoso esercito di macchinisti, fuochisti, ferrovieri, facchini, affini, collaterali e uomini di fatica, solertemente "inviato" in Calabria da via Bellerio per "illuminare" la reggenza di Nino Spirlì, non già Presidente ff, ma, bensì, Presidente FFSS. Della serie: "Quando c'era lui, caro Lei, i treni arrivavano in orario". Del resto, l'interesse prioritario della suddetta task force, in questo frangente, è quello di selezionare candidati, per conto del Carroccio in prossimità delle elezioni regionali, che vantino, nel loro percorso biografico, tre anni di militare a Cuneo, quale irrefutabile prova di intellettualità. Cercansi "uomini di mondo", insomma. Totò dixit!

 

Quanti, al contrario, mostreranno di sapere che la terza via al socialismo non è quella dei Ciclamini al 123 e che l'amnistia di Togliatti del '46 non contemplava il reato di opinione per Cateno da Messina, saranno scartati per eccesso di curriculum. E che nessuno faccia il furbo! Men che meno i lavasottobicchieri di Calabria, in possesso di sospetto ed imperdonabile diploma, clandestinamente conseguito all'Alberghiero di Mongrassano.

 

Nel frattempo, c'è da allungare il brodo alla Cittadella cosicché il Vicario non schiodi le chiappe, prima di aver distribuito pani, purpitielli, alici, fondi Covid e altre provvidenze pubbliche statali ed europee, in modo da rastrellare, con tanto di pesca a strascico, clientes a medio spettro. Del resto, il voto d'opinione probabilmente virerà verso altri lidi, stante l'ormai calante appeal del brand Salvini, che, allo stato, non attizza nemmeno la pochette Zalando di Tilde Minasi.

 

Dal suo canto, Floscia Italia parla solo per bocca del cazzuto Tallini d'Achille, che non ci sta a farsi infilzare dalla freccia avvelenata di Paride, mentre Gianlucagallici, preOcchiutici, Cannizzarici alla canna del gas e Marialimardiani, in tenuta d'ordinanza, questi ultimi, da melliflua e mielosa quota rosa femminina, tentano vicendevolmente di fottersi la quaglia.

 

Seguono, senza infamia e senza lode, i cosiddetti Fratellonzi Italici, derubricati da Figli della Lupa a nipotini smunti der Pecora. Improbabili eredi di qualsivoglia virilismo dannunziano. Non è un caso, infatti, che disertino puntualmente il campo e si accovaccino dietro ogni retrovia. Paraculi di rara perizia!
D'altro canto, non è una novità: nel corso della campagna elettorale per le regionali del gennaio scorso, infatti, lasciarono che Salvini si occupasse, in perfetta solitudine, dello "sgozzamento" di Mario Occhiuto, limitandosi a tifare di nascosto per il Capitano. Altro che Primavere di Bellezza e Camicie Nere slacciate su un petto pronto a farsi crivellare per la Patria! Gli Erpecorini, ora che c'è da "decapitare" Antonino da Taurianova, non proferiscono verbo. D'altronde, è meglio stare in comfort zone e far fare il lavoro sporco a Mimmone Tallocratico, del quale non si può dire che sia un "nero relativo".

 

Ad ogni buon conto, ci soccorre, a tal riguardo e ancora una volta, una dichiarazione definitiva di Silvio Berlusconi, non recentissima, ma fatalmente attuale: «Fui io, nel 94, a portare i fascisti in parlamento, sdoganandoli».
Il sottotesto, anche qui, è tutto da indagare.

Giornalista
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