«Vogliamo solo vivere». L’appello di un giovane biologo iracheno

VIDEO | Nella giornata della visita del ministro Salvini un ospite del centro per rifugiati e richiedenti asilo spiega i motivi che spingono molti migranti a partire: «Scappiamo dalle bombe e dal sangue»

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di Tiziana Bagnato
10 luglio 2018
17:23

«Non vogliamo creare problemi. Vogliamo solo vivere. Non vogliamo più sentire bombe, né vedere sangue versato. Io non so cosa accadrà nel futuro con questo governo, ma siamo rifugiati e vogliamo solo vivere».

 


Ghazware è un biologo iracheno arrivato in Italia da sei mesi e che da due è ospite dello Sprar Due Soli, di cui è capofila il Comune di Lamezia Terme e all’interno di cui operano le associazioni il Delta e Mago Merlino, Arci Lamezia Terme – Vibo e Comunità Progetto Sud.

Vive con altri rifugiati in un’abitazione confiscata al clan Notarianni che ospita fino a dodici persone. Una casa a due piani che difficilmente altri avrebbero chiesto o accettato di avere.

 

Qui Ghazware  sta coltivando la sua speranza di una vita degna di questo nome, sta investendo sul suo futuro consapevole che nel suo Paese non potrà tornare. Gli echi dell’approccio all’immigrazione del governo e del neo ministro dell’Interno Salvini sono arrivati anche qui. I rifugiati ne parlano, si confrontano. Ecco perché Ghazware ci tiene a sgomberare il campo da quell’impasto di luoghi comuni che spesso non corrispondono a verità.

 

Lo Sprar, racconta la coordinatrice Luisa Serratore, fa accoglienza, ma non accoglienza fine a se stessa. Si tratta di un’accoglienza finalizzata all’integrazione. Dai corsi di italiano, ai tirocini, alle borse lavoro, tutto è finalizzato a non trasformare i rifugiati in pesi morti ma in opportunità e risorse per lo stesso territorio.

 

Il pocket money è di un euro e cinquanta centesimi al giorno, un euro in meno rispetto a qualche tempo fa. Questa la somma di cui gli ospiti godono per le loro necessità personali. La struttura gli dà solo vitto e alloggio.

 

Soldi di fitto e di spese alimentari che vengono  immessi nel circuito economico locale. Al Comune poi arrivano i fondi governativi. Alcuni di questi, ci spiegano, sono vincolati, altri, circa 700 euro ad ospite non sono bloccati e spesso vengono utilizzati dagli amministratori locali per la riqualificazione o la creazione di spazi di aggregazione comune.

 

Un circolo virtuoso che da un lato aiuta a costruire pezzo per pezzo opportunità di una nuova vita ai richiedenti asilo e dall’altro diventa risorsa anche per il territorio.

Giornalista
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