Bimba nata morta al Pugliese, quattro all'abbreviato VIDEO

Falso e omicidio colposo le accuse di cui rispondono i camici bianchi dell'ospedale di Catanzaro. Il verdetto è previsto il 9 luglio
di Gabriella Passariello
1 luglio 2015
16:36

Hanno chiesto e ottenuto il rito abbreviato i 4 camici bianchi dell’ospedale Pugliese- Ciaccio di Catanzaro accusati di falso e dell’omicidio colposo della piccola Beatrice, nata morta soffocata dal quel liquido amniotico che per mesi l’aveva protetta e nutrita. Si tratta di due medici  Maria Talarico, Ines Pileggi, lo specializzando Enrico De Trana  e l’ostetrica Irene Mancini. Il gup del Tribunale di Catanzaro Abigail Mellace che oggi avrebbe dovuto decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio della procura, ha ammesso gli imputati al rito alternativo che in caso di condanna comporta lo sconto di pena di un terzo rinviando a sentenza al prossimo 9 luglio. Secondo le rivelazioni peritali sarebbe bastato un cesareo per cambiare il corso degli eventi, per evitare che quella creatura morisse soffocata nel grembo materno. Tutto ebbe inizio il 5 dicembre 2011 con il ricovero della donna, poi sottoposta a un parto pilotato, e si concluse sei giorni dopo, quando la signora diede alla luce la bambina oramai deceduta. Secondo quanto denunciato dalla coppia 35enne, la puerpera, sino a poche ore prima del parto, non avrebbe lamentato alcun problema, e proprio questo ha indotto i due genitori di Cropani (costituitisi parte offesa con gli avvocati Domenico Pasceri, Ernesto D’Ippolito e Giuseppe Mazza) a presentare una denuncia chiedendo che si verificasse su eventuali negligenze, omissioni, imperizie di tipo medico -sanitarie. Da qui l’apertura di un’inchiesta e l’immediato sequestro della documentazione sanitaria relativo al parto che, secondo l’ipotesi di accusa, sarebbe stata alterata dal momento che gli indagati “successivamente alla stesura della cartella clinica, apportavano sulla cartella clinica correzioni a penna ed aggiunte”. Le condotte professionali dei sanitari che  non hanno monitorato la donna prima del parto sarebbero state viziate da imperizia e imprudenza per non aver riconosciuto i fattori di rischio a cui andava incontro “il feto”, per non aver messo in essere terapie a sostegno dell’ossigenazione compromessa, sospendendo tempestivamente la stimolazione delle contrazioni con ossitocina, per il mancato tempestivo parto cesareo, per non aver prevenuto la prevedibile asfissia prolungata negli ultimi 50 minuti che hanno preceduto la  nascita  che è stata la causa della morte intrapartum. Inizialmente erano 15 le persone indagate, ma le risultanze dell’incidente probatorio durato ben due anni tra rinvii di udienza e varie perizie,  hanno spinto il pm a chiedere l’archiviazione per undici camici bianchi.


Gabriella Passariello 

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