Il boss Carmine De Stefano torna in carcere

Era stato scarcerato per fine pena nel giugno 2014. De Stefano adesso dovrà scontare un residuo pena di 2 anni, 9 mesi e 28 giorni di reclusione
di Redazione
26 febbraio 2015
13:13

È tornato in carcere il boss Carmine De Stefano, esponente di primissimo piano della cosca operante nel reggino. De Stefano è stato arrestato dagli agenti della Squadra mobile diretta da Francesco Rattà che hanno eseguito che hanno eseguito un provvedimento della Procura generale presso la Corte d'appello che ripristina la carcerazione per associazione mafiosa e traffico di sostanze stupefacenti. Tutti delitti commessi tra la seconda metà degli anni Ottanta ed i primi anni Novanta, insieme al fratello Giuseppe ed al suocero Franco Coco Trovato, referente della cosca nella sua proiezione in Lombardia. De Stefano adesso dovrà scontare un residuo pena di 2 anni, 9 mesi e 28 giorni di reclusione, determinati con ordinanza del 29 gennaio 2015 della Corte di Assise e d’Appello di Reggio Calabria.


Il boss 47enne è figlio di Don Paolino, capo deceduto della 'ndrangheta reggina. L’omicidio, avvenuto nell’ottobre del 1985, scatenò la seconda guerra di mafia a Reggio Calabria. De Stefano ha iniziato la sua latitanza nel 1994, è stato, successivamente, rinviato a giudizio per i delitti di associazione mafiosa e duplice omicidio nel processo “Olimpia”. Fu condannato, per il solo delitto di associazione mafiosa, alla pena di 8 anni, poi ridotti in appello a 4 anni e 8 mesi.



La sua latitanza terminò l'8 dicembre 2001, quando la Squadra mobile di Reggio Calabria, lo catturava all’interno di un appartamento del popolare quartiere Arghillà di Reggio Calabria.

 

Scarcerato per fine pena, il 9 giugno 2015, era stato sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di Reggio Calabria. Adesso, a seguito di vari ricorsi, anche per Cassazione, relativi all'applicazione dell'istituto del reato continuato, la Procura generale della Repubblica di Reggio Calabria ha rideterminato la pena che doveva scontare, per tre sentenze di condanna, in 18 anni, 3 mesi e 14 giorni di reclusione e interdizione perpetua dai pubblici uffici, quindi ha disposto una nuova carcerazione in virtù del calcolo tra quanto finora scontato e la pena inflitta.

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