Maria Chindamo, la verità passa per il testamento del suocero?

Il fratello della vittima, Vincenzo, e l’avvocato Giovanna Cusumano consegnano una copia del documento al pm di Vibo che indaga sul caso. Nessun commento dal congiunto della vittima che continua la sua battaglia per rendere verità e giustizia alla sorella
di Pietro Comito
12 marzo 2018
15:35
Maria Chindamo
Maria Chindamo

Nel testamento di Vincenzino Punturiero, il defunto suocero di Maria Chindamo, esistono spunti che potrebbero essere preziosi per arrivare alla verità e fare giustizia sulla scomparsa dell’imprenditrice di Laureana di Borrello, la quale - secondo la Procura di Vibo Valentia e i carabinieri – sarebbe stata rapita, uccisa e fatta sparire il 5 maggio del 2016. Ne è convinto il fratello di Maria, Vincenzo, che questa mattina – accompagnato dall’avvocato Giovanna Cusumano, che assieme al collega Nicodemo Gentile in rappresentanza dell’associazione Penelope assiste i familiari della donna vittima della lupara bianca – ha consegnato in Procura a Vibo Valentia una copia del documento.


Nessun commento da parte dello stesso Vincenzo Chindamo, e dell’avvocato Cusumano in ordine al contenuto del testamento di Vincenzo Punturiero, deceduto un anno fa, che da parte sua aveva sempre respinto i sospetti che le pressioni della stampa regionale e nazionale avevano addensato sulla sua persona. Il fratello della vittima e il suo legale sono stati ricevuti dal pm Concettina Iannazzo, che coordina un’indagine tutta in salita, condotta in maniera febbrile e rispetto alla quale – aveva spiegato qualche mese addietro il procuratore di Vibo Valentia Bruno Giordano – sarebbe decisivo il ritrovamento del corpo.



Un’indagine che ruota sulla coincidenza temporale tra l’anniversario del suicidio del marito di Maria Chindamo, Ferdinando Punturiero, che non aveva retto alla fine del loro matrimonio, e la scomparsa della stessa imprenditrice, vittima di un delitto su commissione, consumato da più esecutori materiali e secondo un piano ben congegnato, si sospetta con la compartecipazione di chi conosceva i suoi spostamenti.


Vittima, se non di mafia, della cultura mafiosa, ha sempre ribadito il fratello Vincenzo, che continua non solo nella sua lotta per addivenire alla verità sulla fine della sorella, ma anche a girare in lungo e in largo la Calabria e il resto del Paese per infondere ai giovani la cultura della legalità e far comprendere loro gli orrori che si consumano a certe latitudini.

Giornalista
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