Inchiesta sull’Aterp di Vibo: la Cassazione respinge i ricorsi di Gentile e Daffinà

Confermato il sequestro di quasi 800mila euro. L’attuale vice presidente del Consiglio regionale, l’ex commissario dell’Azienda vibonese per l’edilizia pubblica e altre 14 persone indagate per truffa aggravata

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di G. B.
9 settembre 2018
10:31

Resta sequestrata la somma di 798.026,69 euro, ovvero il sequestro per equivalente di beni nella disponibilità di una pluralità di indagati coinvolti nell’inchiesta sull’Aterp. È quanto deciso dalla seconda sezione penale della Cassazione che ha respinto i ricorsi di Giuseppe Gentile, 74 anni, di Cosenzaex assessore regionale, attuale consigliere regionale di Forza Italia e vice presidente del Consiglio regionale e dell’ex commissario dell’Aterp di Vibo Valentia, Antonino Daffinà, 57 anni, di Vibo.

 


Il ricorso alla Suprema Corte era stato fatto avverso l’ordinanza con la quale il Tribunale del Riesame di Vibo il 9 settembre dello scorso anno ha confermato il sequestro della somma decisa dal gip il 27 giugno 2017 in relazione al reato di truffa aggravata. Il ricorso di Pino Gentile e Tonino Daffinà – entrambi esponenti politici di Forza Italia – è stato dichiarato dalla Cassazione “inammissibile” condannando i due anche al pagamento delle spese processuali e della somma di duemila euro a testa in favore della Cassa delle Ammende. 

 

Il sequestro della somma di 798.026,69 euro si fonda su indagini esperite dalla Procura di Vibo e dalla Guardia di Finanza in ordine alla locazione, ed al successivo acquisto, dell'immobile adibito a sede dell'Aterp. Per i giudici “il fumus commissi delicti” che è alla base del sequestro di 798.026,69 euro è stato “ravvisato alla luce di una serie di abusi, omissioni, falsi, artifici e raggirida parte di pubblici funzionari e di privati finalizzati – rimarca la Cassazione - a procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale alla Dgs srl, società aggiudicataria della gara indetta per l'offerta dell'immobile da locare all'Aterp di Vibo Valentia, poi alla stessa venduto. 

 

Il reato è stato ascritto, tra gli altri, a Guastalegname Nazzareno (68 anni, imprenditore di Stefanaconi) e Stagno Antonino (46 anni, imprenditore di San Calogero, socio di Guastalegname nell'acquisto del palazzo poi divenuto sede dell'Aterp) per aver “attestato falsamente attestato di essere legali rappresentanti di una S.r.l. che si assumeva proprietaria dell'immobile ed invece era allora ancora inesistente. Lo stesso reato di truffa aggravata viene contestato pure ad Antonino Daffinà, commissario straordinario pro tempore dell'Aterp di Vibo, “per aver sottoscritto, peraltro anche in conflitto di interessi poiché indicato anche come socio occulto della srl DGS, la proposta – sottolineano i giudici - di acquisto dell'immobile in questione da adibire a sede Aterp, indicando falsamente l'insostenibilità finanziaria del canone di locazionedello stesso”. All’allora assessore regionale ai Lavori pubblici Giuseppe Gentile, l’accusa di truffa aggravata viene contestata “per aver proposto alla Giunta della Regione Calabria (che, tratta in inganno, deliberava e sottoscriveva) una modifica della D.G.R. n. 347/2012 e, precisamente, del punto 3.5., inserendo la possibilità di utilizzare i fondi Gescal – si legge nella decisione dei magistrati - per superare particolari criticità finanziarie”. 

 

Per la Cassazione, il percorso logico-giuridico seguito dal gip di Vibo prima e dal Tribunale del Riesame poi, per sequestrare la somma di 798.026,69 euro a scopo preventivo funzionale alla confisca per equivalente del profitto del reato, è più che corretto e i ricorsi di Gentile e Daffinà sono “manifestamente infondati” e, pertanto, dichiarati “inammissibili”. Questo perché è “interdetta in sede di legittimità – ricorda la Cassazione - una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'ordinanza impugnata non risulta censurabile, emergendo dalla stessa una motivazione ampia e congrua circa la sussistenza dei presupposti che giustificano l'adozione di una misura cautelare reale come il sequestro della somma di denaro”.

 

Ad avviso della Suprema Corte, inoltre, la “coincidenza temporale tra la proposta di acquisto dell'immobile da adibire a sede dell’Aterp di Vibo presentata dal Daffinà, e le anomalie del procedimento che hanno consentito l'erogazione di somme prelevate dai fondi ex Gescal, hanno indotto a riconoscere una comune e preordinata strategia di tutti i soggetti coinvolti, tra i quali anche Pino Gentile, al fine di far rientrare l'immobile nel patrimonio dell'ente, sicché deve ritenersi manifestamente infondata la doglianza secondo cui difetterebbe una motivazione sull'elemento psicologico del reato”. Per l’acquisto della sede dell’Aterp di Vibo è stata spesa la somma di 2 milioni e 800mila euro. 

 

Secondo l’accusa sostenuta dal pm Benedetta Callea, l’edificio era stato acquistato dall’Aterp guidata da Antonino Daffinà (in quota Forza Italia) quando già si sarebbe avuta piena consapevolezza, ad avviso degli investigatori, che la legge regionale numero 24 del 2013 avrebbe di lì a poco soppresso l’Aterp di Vibo Valentia ed accorpato tutte le Aterp provinciali in un’unica azienda regionale. I soldi utilizzati per comprare la nuova sede dell’Aterp di Vibo provengono dal fondo ex Gescal (Gestione case per i lavoratori) che doveva invece servire a ben altri scopi. Gli imprenditori Nazzareno Guastalegname ed Antonino Stagno, titolari dell’impresa “DGS Srl” (ditta Guastalegname-Stagno), “non limitandosi alla mera presentazione dell’istanza di partecipazione alla gara (offerta in locazione di immobile) avrebbero agito – secondo la Procura - in piena collusione con i pubblici ufficiali”, ottenendo l’ingiusto vantaggioconcretizzatosi nella differenza tra il prezzo d’acquisto corrisposto dalla “D.G.S. srl” alla M.p.s. Leasing & Factoring, per tutta l’operazione di leasing, e quanto ottenuto dalla vendita da parte di D.G.S. srl all’Aterp, pari a 798.026,69 euro”. Per tutti gli indagati, in totale 16, il pm della Procura di Vibo Valentia, Benedetta Callea, ha già avanzato al gup la richiesta di rinvio a giudizio.

Giornalista
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