“Robin Hood”: Cassazione conferma le tangenti per la gestione del Credito Sociale

La Suprema Corte spiega il “pactum sceleris” fra l’ex assessore regionale Nazzareno Salerno e l’amministratore della Cooperfin Ortnesio Marano
di Giuseppe Baglivo
28 agosto 2017
12:07
Nazzareno Salerno
Nazzareno Salerno

Resta agli arresti domiciliari Ortensio Marano, 43 anni, di Belmonte Calabro, amministratore delegato della società finanziaria Cooperfin spa con sede a Belmonte Calabro e Milano. Si tratta di uno dei principali indagati dell’inchiesta “Robin Hood” della Dda di Catanzaro. E’ accusato, in concorso con l’ex assessore regionale al Lavoro Nazzareno Salerno, di essersi appropriato dei fondi del Credito sociale. I reati ipotizzati nei suoi confronti sono quelli di turbativa d’asta, peculato e corruzione. Obbligo di dimora, invece, per Bruno Dellamotta, 69 anni, originario di Genova, ma residente a Firenze. Anche il suo ricorso, al pari di quello di Marano e Salerno, è stato rigettato dalla Cassazione.


Secondo l’accusa, il vibonese Nazzareno Salerno da ex assessore regionale al Lavoro avrebbe favorito Ortensio Marano ed una sua società nella gestione dei fondi del Credito sociale in cambio del versamento di denaro a titolo di tangenti, ovvero oltre 230 mila euro.

Le prove che reggono in Cassazione

Per i giudici della Suprema Corte, nel caso di Ortensio Marano (in foto) ci si trova dinanzi ad “una pluralità di elementi probatori e investigativi, segnatamente le risultanze delle intercettazioni, dei servizi di osservazione, degli accertamenti della Guardia di finanza nonché di altre prove dichiarative”. Appare quindi del tutto “irrilevante che anche Fincalabra avrebbe avuto bisogno, per la gestione del progetto Credito Socialedi avvalersi di un istituto di intermediazione finanziaria, laddove la Fondazione Calabria Etica - cui veniva affidata la gestione del progetto con la regia del Salerno - era del tutto priva delle caratteristiche necessarie per la gestione di tale attività, giusta la totale estraneità della gestione finanziaria dalle finalità istituzionali della Fondazione. Soprattutto, detta Fondazione - scrive la Cassazione - veniva prescelta, in luogo della più idonea Fincalabra, nell'ambito di un disegno criminoso più ampio, e cioè ai fini del successivo affidamento dell'incarico per la materiale gestione del medesimo Credito Sociale alla Cooperfin S.p.A. amministrata da Marano”. 

Il “disegno criminoso”

 Le diverse condotte ascritte a Marano devono quindi essere guardate “non come singoli ed isolati episodi delittuosi, bensì quali segmenti di un disegno criminoso di più ampio respiro, che prendeva le mosse dalla scelta da parte dell'assessore e coindagato Nazzareno Salerno dei componenti del Comitato di Gestione per l'istruttoria delle domande degli aspiranti al progetto Credito Sociale”. La turbativa dell'asta per l'aggiudicazione della gestione del Fondo Sociale alla Cooperfin secondo i giudici della Cassazione è stata così “realizzata mediante la predisposizione del bando in termini tali da consentire la partecipazione esclusiva della società indicata in violazione delle regole della concorrenza. Condotte cui seguivano - in immediata successione temporale - sia i flussi finanziari disvelati dalle indagini da parte di Ortensio Marano a favore di Salerno, quale illecita remunerazione dell'assegnazione delle risorse pubbliche in forza di un atto contrario ai doveri d'ufficio, sia le distrazioni delle somme del medesimo Fondo da parte della Cooperfin di Marano".

 

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