Mafia Capitale, Riesame: ‘Carminati è da anni in affari con la 'ndrangheta’

Nel provvedimento che respinge le istanze di scarcerazione di Rocco Rotolo e Salavatore Ruggiero i giudici del Tribunale del Riesame spiegano i legami tra la ‘ndrangheta e l’organizzazione criminale gestita da Carminati
di redazione
9 gennaio 2015
16:37

"Il clan di Massimo Carminati è da anni in affari con il clan 'ndranghetista dei Mancuso di Limbadi". E' quanto scrivono i giudici del Riesame nelle motivazioni con cui hanno respinto le istanze di scarcerazione di Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, ritenuti dalla Procura l'anello di congiunzione tra la 'ndrangheta calabrese e Mafia Capitale.

 


Secondo i magistrati, Carminati con Salvatore Buzzi aveva costituito la coop Santo Stefano, onlus destinata a gestire l'appalto per la pulizia del mercato Esquilino. "La nascita della cooperativa - si legge - avrebbe costituito la conferma del rapporto tra l'associazione mafiosa romana e il clan Mancuso che aveva già portato a proficui affari in Calabria". Rotolo e Ruggiero "sarebbero stati di fatto accreditati su richiesta di Buzzi presso la famiglia Mancuso che come proprio referente per le attività a Roma aveva indicato l'imprenditore Giovanni Campenni".

 

Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, scrivono poi i giudici, "sono soggetti pericolosi per la collettività e da sempre gravitanti nell'ambito di organizzazioni criminali organizzate". Nel provvedimento di oltre 40 pagine, viene ricostruita la storia criminale dei due a cui viene contestata l'associazione a delinquere di stampo mafioso.

 

Parlando di Ruggiero, in particolare, il tribunale scrive che "sin dagli anni '90 aveva frequentazioni con elementi di spicco della 'ndrangheta calabrese e in particolare con Girolamo Mole detto U Gangiu" mentre Rotolo "risulta collegato, e non solo per ragioni di parentela, con il clan Piromalli di Gioia Tauro".

 

Per il Riesame, "entrambi gli indagati trasferitisi a Roma non hanno evidentemente perduto i contatti con la criminalità organizzata calabrese tanto da avere accettato l'incarico da parte di Buzzi di prendere contatto con la cosca Mancuso di Limbadi". Per i magistrati romani, i due "avevano a disposizione anche armi".

 

 

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