Matrimonio gay un anno dopo, ecco la Calabria che dice Sì - VIDEO

Marco e Riccardo vivono a Cleto, un borgo in provincia di Cosenza. Dopo i primi 365 giorni passati come una coppia legalmente riconosciuta tirano le somme della loro esperienza
di E. D. G.
23 maggio 2018
15:09
Marco Marchese e Riccardo Cristiano
Marco Marchese e Riccardo Cristiano

«Siamo la tipica coppia che ama condividere il proprio tempo, lavorando e dedicandoci alle nostre passioni, senza mai dimenticare che la consapevolezza raggiunta, è frutto di sacrificio e sofferenza».
Il 27 maggio del 2017, grazie alla nuova legge sulle unioni civili, Marco Marchese, 47 anni, di Cosenza, e Riccardo Cristiano, 40 anni, di Lamezia Terme, hanno cominciato anche per la legge italiana la loro vita insieme, nonostante già fossero una coppia dal 1999.

 


«Ci piace ricordare, quando ci siamo trasferiti a Cleto, in provincia di Cosenza, luogo dove risiediamo da quasi 5 anni - raccontano -. Qui ci conoscono tutti come “i ragazzi della casa di legno” ed ogni cletese, a suo modo, ci ha dimostrato l’affetto che forse solo al Sud è il biglietto da visita per antonomasia. A chi ci chiede se sia difficile vivere in Calabria la nostra storia d’amore, rispondiamo che se si rimane se stessi, in maniere chiara e coerente, dando fiducia al prossimo, ma soprattutto a noi stessi, niente è impossibile».
Ad un anno dal loro “matrimonio” hanno voluto tirare le somme di una storia che non può essere relegata soltanto alla sfera privata. Ebbene, dopo 365 giorni dal il fatidico Sì, cosa è cambiato? Se l’è chiesto Riccardo, presidente di liberi.tv e attivista per i diritti civili in Calabria da più di 20 anni.

 

«Oltre seimila sono le coppie che in Italia hanno usufruito delle opportunità offerte dalla nuova normativa - spiega -, ma in Calabria sono ancora poche le coppie omosessuali che si sposano. Ma passo dopo passo, la gente sta cominciando a comprende che esistiamo, come famiglia e come persone che meritano le medesime tutele».
Non sfugge a Cristiano il valore simbolico dell’unione civile con il suo Marco, celebrata un anno fa a Nocera Terinese.
«In questo anno - continua – ho avuto la fortuna di incontrare coppie di ragazzi e ragazze che hanno visto nel nostro gesto pubblico, un incitamento a non nascondersi, invece di rinunciare all’amore che vive anche grazie alle tutele giuridiche adesso presenti nel nostro ordinamento».

 

 

Ma la strada da fare per raggiungere la piena parità con le coppie etorosessuali, ammette, è ancora lunga.
«Sono stati fatti passi da gigante - spiega - ma la legge Cirinnà, pur strizzando l’occhio all’istituto giuridico del matrimonio, esclude la filiazione, rendendo “fantasmi” gli oltre 100mila bambini italiani, che vivono in famiglie omoaffettive. Sarebbe auspicabile, dunque, una normativa nazionale che divulghi nelle scuole, università e sui luoghi di lavoro, il concetto di “non discriminazione” in special modo quello basato sull’orientamento sessuale. Gli atti di bullismo, l’intolleranza verso omosessuali e transgender, la violenza contro le donne, sono il termometro che qualcosa in questo paese non va. La politica stenta a recepire questo messaggio, resta a noi, alle associazioni sul territorio, ai singoli, farsi carico di difendere i più deboli, per quel che ci riguarda lo facciamo da anni, anche e semplicemente, raccontando la nostra storia».

 

Ma non tutta la politica fa orecchie da mercante. In Calabria, in prima linea per il rispetto dei diritti civili, c’è Alessia Bausone, esponente del Pd di Catanzaro, che da tempo si batte su tutti i fronti per affermare le pari opportunità.
«Ho conosciuto Marco e Riccardo poco prima del matrimonio - dice Bausone -. La loro storia rappresenta un importante esempio di conquista e difesa dei diritti civili, perché rappresentano la prima coppia che si è unita civilmente nel territorio catanzarese, una terra complicata da questo punto di vista. È nota, infatti, la polemica innescata dal sindaco Sergio Abramo e dal consigliere regionale Domenico Tallini, che appena entrò in vigore la legge Cirinnà prospettarono una sorta di obiezione di coscienza, assolutamente illegittima, alla celebrazione delle unioni civili. Tant’è che l’unica volta che è stata celebrato un’unione civile al Comune di Catanzaro, ad officiare è stata una funzionaria del Comune e non un rappresentante diretto dell’amministrazione».

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