‘Ndrangheta: “Romanzo criminale”, i motivi del verdetto contro il clan Patania

I giudici del Tribunale di Vibo in 320 pagine spiegano il perché della sentenza che riconosce l’associazione mafiosa di Stefanaconi
di Giuseppe Baglivo
12 settembre 2017
07:33
Tribunale Vibo Valentia
Tribunale Vibo Valentia

Sono state depositate dal Tribunale collegiale di Vibo Valentia, presieduto da Lucia Monaco e con a latere i giudici Giovanna Taricco e Pia Sordetti, le motivazioni della sentenza con la quale il 12 marzo scorso è stato chiuso in primo grado il processo al clan Patania di Stefanaconi nato dall’operazione antimafia denominata “Romanzo criminale”scattata nel marzo 2014 con il coordinamento della Dda di Catanzaro. La camera di consiglio era durata quasi sei ore. Gli anni di pena complessivi inflitti sono 116.  Al vaglio dei giudici ha retto il reato di associazione mafiosa per il clan Patania che, per la prima volta, viene riconosciuto da un Tribunale come gruppo di stampo mafioso operante su Stefanaconi.  A rappresentare la pubblica accusa è stato il pm della Dda di Catanzaro, Andrea Mancuso.

 


Il reato associativo e la mafia a Stefanaconi. Il procedimento nasce dagli esiti di una complessa ed articolata attività di indagine condotta dai militari del Roninv dei carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia che ha preso le mosse da molteplici fatti omicidiari consumati tra settembre 2011 e luglio 2012 nella provincia di Vibo Valentia, in relazione ai quali sono stati celebrati distinti processi a Catanzaro nell’ambito dell’operazione c.d. “Gringia”. Per i giudici del Tribunale di Vibo Valentia, a Stefanaconi storicamente vi sarebbe stata un’originaria alleanza tra il gruppo Lo Preiato (definito all'epoca “cosca maggiore” e capeggiato da Lo Preiato Nicola) e il gruppo Petrolo-Bartolotta (definito “cosca minore” e capeggiato all'epoca da Petrolo Rosario e Bartolotta Nicola detto u Pirolo) con un conflitto tra quest'ultimo gruppo e la cosca dei Bonavota, sino al tragico epilogo della strage dell'Epifania del 6.1.1991, allorquando un vero e proprio commando della cosca Petrolo-Bartolotta, nel tentativo di uccidere tre affiliati alla cosca rivale dei Bonavota, cagionò la morte di due persone ed il ferimento di altre tredici. Sugli schieramenti dell’epoca, per il Tribunale sono provate le dichiarazioni dei pentiti Gerardo D’Urzo e Rosario Michienzi di Sant’Onofrio, entrambi deceduti, e condannati quali componenti del commando dei Pterolo-Bartolotta che presero parte alla strage. Entrambi hanno indicato quali organici alla stessa ‘ndrangheta di Stefanaconi (la “cosca minore” dei Bartolotta) sia Fortunato Patania (poi ucciso nel settembre del 2011 dal clan dei Piscopisani) che i suoi fratelli Giuseppe, Salvatore e Saverio (rispettivamente padre e zii degli odierni imputati).

 

 

La genesi del gruppo Patania. “Già dal 1986 – come ricordato dal collaboratore Gerardo D’Urzo - Patania Salvatore (fratello del defunto Fortunato) rivestiva la dote di "camorrista" mentre Fortunato, Saverio e Giuseppe quella di "picciotto". Detta cosca c.d. minore non va confusa, spiegano i giudici del Tribunale di Vibo, con quella che verrà in rilievo nel corso della faida 2011/2012 e riconducibile alla figura di Bartolotta Emilio Antonio vicino a Bonavota di Sant'Onofrio, ed era gerarchicamente subordinata alla c.d. maggiore, cui era preposto Lopreiato Nicola, alla quale la prima faceva riferimento per la gestione economica e la pianificazione delle azioni criminali. A loro volta, i Patania, secondo il collaboratore Rosario Michienzi, sarebbero stati vicini pure a Nicola Lopreiato, alias “Cola U Bida”, figura ritenuta storicamente al vertice della criminalità organizzata stefanaconense ed a capo della c.d. “cosca maggiore” che insieme alla “minore” componevano il “Locale” di ‘ndrangheta di Stefanaconi cui avrebbe preso parte pure la “famiglia” Franzè.

 

Negli anni ‘80, ad avviso dei giudici del Tribunale di Vibo, Fortunato Patania avrebbe iniziato a coltivare rapporti con i fratelli Giuseppe (Cl. ’49) e Francesco Mancuso (alias “Tabacco”). Per il Tribunale sull’alleanza e l’amicizia fra i Patania ed i Mancuso di Limbadi sono concordi le dichiarazioni dei collaboratori Gerardo D’Urzo, Loredana Patania (nipote di Fortunato Patania) e Raffaele Moscato (killer dei Piscopisani che ha materialmente ucciso Fortunato Patania nel settembre 2011 nella sua Stazione di servizio nella Valle del Mesima).  

CONTINUA A LEGGERE SUL VIBONESE:  “Romanzo criminale”, ecco i motivi della sentenza contro il clan Patania

 

 

Giornalista
GUARDA I NOSTRI LIVE STREAM
Guarda lo streaming live del nostro canale all news Guarda lo streaming di LaC Tv Ascola LaC Radio
top