'Ndrangheta, il magistrato Mollace opta per l'abbreviato

Nel corso dell'udienza preliminare il pm ha chiesto il rinvio a giudizio per gli altri due imputati Luciano Lo Giudice e Antonio Spanò. Tutti e tre sotto accusa per corruzione in atti giudiziari
di Redazione
20 novembre 2015
16:16

Ha chiesto e ottenuto di essere giudicato con rito abbreviato l'ex sostituto procuratore generale di Reggio Calabria Francesco Mollace, attualmente in servizio alla Procura generale della Corte d’appello di Roma accusato di corruzione in atti giudiziari. Stessa imputato che grava su Luciano Lo Giudice, fratello di Nino Lo Giudice, e Antonino Spanò, titolare di un cantiere nautico a Reggio Calabria, a carico dei quali il pm della Dda Domenico Guarascio ha ribadito in aula la richiesta di rinvio a giudizio. Prove celate, indagini, che avrebbero potuto svelare i retroscena di un delitto, insabbiate. Una serie di favori, in cambio di omissioni, compiute al solo fine di favorire la ‘ndrangheta. Il magistrato, che può considerarsi uno dei pilastri storici dell’antimafia, all’epoca dei fatti da sostituto procuratore della Dda di Reggio era preposto alla gestione e alla trattazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Maurizio Lo Giudice e Paolo Iannò, ma non avrebbe svolto alcuna attività investigativa inerente i contenuti delle prove raccolte, circa l’esistenza della cosca Lo Giudice. Le dichiarazioni dei pentiti convergevano quanto all’esistenza della cosca Lo Giudice anche dopo il 1991 e quanto alla perpetrazione dell’omicidio di Angela Costantino moglie del boss Pietro Lo Giudice, fatta sparire e secondo l’accusa uccisa per salvare l’onore del capoclan, «da parte dei componenti la medesima famiglia ‘ndranghetista». In sostanza Mollace, avrebbe omesso, secondo le ipotesi di accusa, di riaprire le indagini sulla scomparsa della Costantino, senza vagliare e comparare le dichiarazioni dei due pentiti. Con un’unica conseguenza. Che Mollace
avrebbe per così dire selezionato i contenuti e le prove rese attraverso le dichiarazioni di Maurizio Lo Giudice e Iannò, fornendone un quadro parziale. Nessun riscontro al narrato dei collaboratori, neanche per quanto concerne «la pervicacia ed esistenza della famiglia Lo Giudice, quale cosca
operante nel territorio reggino, ricevendo quale utilità, da parte della predetta cosca, la dazione gratuita dei servizi di manutenzione e rimessaggio dei natanti ormeggiati nel cantiere di Calamizzi, gestito e diretto da Antonino Spanò e Luciano Lo Giudice, il primo quale prestanome del secondo». Fatti che si sarebbero verificati in data anteriore e prossima al 30 ottobre 2010. Si ritornerà in aula il 29 gennaio.

 


 

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