Vibo, omicidio Di Leo: il killer Francesco Fortuna incastrato da un guanto di lattice VIDEO

Dopo 12 anni uno degli assassini di Domenico Di Leo ucciso a colpi di pistola, Kalashnikov e fucile nel luglio del 2004, ha un nome e un volto. Si tratta di Francesco Salvatore Fortuna, 34 anni, ritenuto esponente di spicco della cosca di 'ndrangheta dei Bonavota attiva a Sant'Onofrio
di Gabriella Passariello
13 gennaio 2016
07:56

Aggiornamento delle ore 12.55

Dopo 12 anni uno degli assassini di Domenico Di Leo ucciso a colpi di pistola, Kalashnikov e fucile nel luglio del 2004, ha un nome e un volto. Si tratta di Francesco Salvatore Fortuna, 34 anni, ritenuto esponente di spicco della cosca di 'ndrangheta dei Bonavota attiva a Sant'Onofrio. Ed è proprio qui che ieri mattina è stato arrestato dai carabinieri del comando provinciale di Vibo Valentia mentre si trovava per strada, in esecuzione di un decreto di fermo emesso dalla Dda di Catanzaro.


Le indagini, coordinate dal procuratore vicario Giovanni Bombardieri e dal sostituto Camillo Falvo sono partite dal taglio di mille ulivi risalente al 2011 a titolo di estorsione ai danni di una cooperativa con scopi benefici gestita anche da religiosi a Stefanaconi, conclusasi con l'arresto dei vertici del clan dei Bonavota. Ma ad incastrare Fortuna sono stati dei guanti di lattice che comparati con il suo dna hanno consentito ad inquirenti e investigatori di fare quadrato su un omicidio efferato, dove all'epoca dei fatti furono trovati ben 45 bossoli di fucile, pistola e kalashnikov. All'arresto hanno anche contribuito le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Raffaele Moscato che ha raccontato come Fortuna era solito nascondere in tasca i mozziconi di sigaretta perché nessuno potesse risalire al suo dna. Un omicidio maturato nell'ambito di contrasti interni alla cosca di 'ndrangheta, di natura economica per differenti vedute sulla ubicazione di imprese nella zona industriale di Maierato e personale: Di Leo avrebbe offeso uno dei Bonavota, intrattenendo una relazione sentimentale con la cugina. Le indagini vanno avanti per scoprire gli altri autori del delitto.

 

Chi era Domenico Di Leo

La caratura criminale di Domenico Di Leo emergerebbe sin dalla giovane età. Avrebbe avuto una spiccata propensione a delinquere commettendo reati contro la persona ed il patrimonio. Il 12 dicembre 1995, infatti ,il Tribunale di Vibo Valentia dispose nei suoi confronti la sorveglianza speciale per la durata di due anni, con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza. Dalle indagini sarebbe emerso che Di Leo entrò a far parte del clan sin da quando lo stesso era capeggiato dal defunto boss Vincenzo Bonavota, tant'è che come emerge dall'operazione "Talitha Kum", durante il conflitto armato, verificatosi tra la fine degli anni '80 e l'inizio del '90, fra la compagine d'appartenenza e quella capeggiata da Rosario Petrolo, partecipò attivamente ad azioni tendenti all'eliminazione di persone della 'ndrina rivale.

 

La ricostruzione dell'omicidio

Domenico Di Leo ,noto come "Micu i Catalanu", venne trucidato intorno alle 02:30 del 12 luglio 2004, da un commando composto da diversi sicari, che gli tesero un agguato nel centro abitato di Sant'Onofrio, e precisamente in via Tre Croci, proprio nei pressi della sua abitazione. L'agguato venne eseguito con numerose raffiche di fucile kalashnikov e colpi di fucile a pompa, caricato a pallettoni. Venne colpito in testa, al torace e al bacino. La vittima, alle ore 02:30 di quella notte, come risulta dalla documentazione redatta dalla Squadra Mobile di Vibo Valentia, stava rientrando dall'ospedale di Vibo Valentia, a bordo di un veicolo, dove si era recato per far visita alla cognata Anna Bonavota. Ad attenderlo nei pressi della sua abitazione i killer che a distanza ravvicinata esplosero una "tempesta di fuoco". La ricostruzione della dinamica ha consentito di ipotizzare che i killer (non meno di due), per portare a termine la missione di morte, si sarebbero posizionati in punti utili a rendere vano qualsiasi tentativo di fuga della vittima. Di Leo, sebbene ferito gravemente, è riuscito ad uscire dall'auto e nel tentativo di sfuggire agli esecutori dell'agguato, ha tentato invano di raggiungere la propria abitazione. La vittima ha perso la vita in ospedale la mattina successiva alle ore 09.30, come accertato dalla consulenza medico-legale Alfonso Luciano. I sicari, intanto, si erano dileguati dileguavano a bordo di una Fiat "Uno", colore verde scuro, precedentemente rubata e poi abbandonata in località "Vaccarizzo", nel territorio di Sant'Onofrio, a pochi chilometri di distanza dalla scena del crimine, ove, alle successive ore 14:30 circa, è stata trovata grazie alla segnalazione di privati cittadini, e successivamente sottoposta a sequestro penale.

 

Gabriella Passariello

 

 

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