Omicidio Vinci a Limbadi, il boss Luigi Mancuso a casa della Scarpulla per le condoglianze

Dopo l’autobomba, pure altri familiari di Giovanni Mancuso si sarebbero recati dalla donna per dissociarsi dai nipoti per poi partecipare alla fiaccolata

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di G. B.
25 giugno 2018
17:58

Avrebbe creato una frattura insanabile all’interno della stessa famiglia Mancuso di Limbadi, l’omicidio con l’autobomba costato la vita il 9 aprile scorso a Matteo Vinci. E’ quanto emerge dal provvedimento di fermo della Dda di Catanzaro che riscontra le dichiarazioni di Rosaria Scarpulla, madre della vittima. A pochi giorni dall’attentato, infatti, a casa della Scarpulla per porgerle le condoglianze si sarebbero recati anche stretti familiari di quelli che vengono ritenuti i vertici della famiglia Mancuso. In particolare il 14 aprile scorso Rosaria Scarpulla ha raccontato agli investigatori in merito a delle visite da parte di alcuni soggetti appartenenti alle famiglie di Giovanni Mancuso e Luigi Mancuso.

 


A recarsi nella sua abitazione, sarebbe stata Silvana Mancuso, figlia di Giovanni Mancuso, la quale in presenza di altre persone le avrebbe sussurrato all’orecchio: “Ricevi le condoglianze della mia famiglia. Vedi che io e la mia famiglia ci dissociamo da questa storia, noi non sapevamo niente, altrimenti non lo avremmo permesso”. La stessa Silvana Mancuso le avrebbe poi chiesto:“Qualcuno vorrebbe venire a darti le condoglianze, ma tu li cacci? Perché non stanno venendo che altrimenti tu li cacci e sembra male”. A tali domande la Scarpulla avrebbe risposto che non aveva problemi ad accoglierli “purchè ciò avvenisse in maniera chiara e cristallina, ossia senza compromessi”. 

 

Nell’occasione, Silvana Mancuso avrebbe quindi comunicato a Rosaria Scarpulla che alla fiaccolataorganizzata per ricordare Matteo Vinci si sarebbe recata - oltre a lei stessa - anche la madre, Maria Giacco, moglie di Giovanni Mancuso. Inoltre alla fiaccolata Silvana Mancuso avrebbe comunicato a Rosaria Scarpulla che si sarebbe recata pure Rosaria Zinnato, ovvero la moglie del boss Luigi Mancuso, fratello più piccolo di Giovanni, ma ritenuto da sempre il numero uno della famiglia dopo la morte nel 1997 del patriarca Ciccio Mancuso. Lo stesso Luigi Mancuso - secondo quanto riferito da Rosaria Scarpulla agli investigatori - il 14 aprile scorso si sarebbe recato in prima persona nella sua abitazione ed alla presenza di Silvana Mancuso avrebbe detto: “Mannaia con questi cognomi! Ma è mai possibile questa cosa”?, intendendo che i giornalisti lo assalivano e che per colpa di quel cognome erano nell’occhio del ciclone.

A tali affermazioni, secondo la ricostruzione degli iqnuirenti, Rosaria Scarpulla avrebbe risposto che due Mancuso (Rosaria e Salvatore) erano implicati negli agguati portati a termine contro il marito Vinci (ossia quelli del 2014 e del 2017) insieme a Vito Barbara ed ai Di Grillo. A tal proposito Luigi Mancusoavrebbe però risposto che con tanti dei loro parenti non aveva più rapporti da tempo e che nel suo periodo di detenzione molti di loro non erano neppure andati a trovarlo. La Scarpulla ha quindi raccontato di aver chiesto lei stessa a Luigi Mancuso se intendesse partecipare alla fiaccolataorganizzata in favore del figlio Matteo, ma il boss avrebbe declinato l’invito riferendo che non avrebbe potuto partecipare alla fiaccolata per via della gogna mediatica. Tuttavia avrebbe aggiunto che in sua rappresentanza avrebbero certamente partecipato dei membri della sua famiglia “cosa che - scrivono gli inquirenti - è effettivamente avvenuta”.

Alla fiaccolata, stando allo stesso racconto di Rosaria Scarpulla, avrebbe inoltre partecipato pure la moglie del defunto boss Pantaleone Mancuso (cl. '47), detto "Vetrinetta", fratello di Luigi.  Luigi Mancuso è stato detenuto dal 1993 al 2012 per condanne definitive rimediate nei processi nati dalle operazioni "Tirreno" e "Count down" per i reati di associazione mafiosa e associazione finalizzata al narcotraffico. E' ritenuto fra i principali e più influenti boss dell'intera 'ndrangheta calabrese, capace di organizzare a Nicotera nel 1992 - secondo i pentiti Franco Pino e Nino Fiume - un summit con i principali capibastoni calabresi per respingere la richiesta dei vertici di Cosa Nostra di partecipare alla strategia stragista contro lo Stato dopo gli omicidi dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. 

 

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Giornalista
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