Furto, ricettazione e riciclaggio: sei arresti a Catanzaro (NOMI-FOTO)

Sgominata un'organizzazione criminale dedita alla consumazione di delitti in materia di armi, nonché di furti, con particolare predilezione per le auto, destinate ad essere oggetto e strumento di pretese estorsive
di Redazione
1 marzo 2017
07:09
Catanzaro, operazione The Jackal
Catanzaro, operazione The Jackal

Nelle prime ore della mattinata odierna personale della Polizia di Stato di Catanzaro con l’ausilio di equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine “Calabria Centrale” di Vibo Valentia, nell’ambito dell’operazione “The Jackal”, ha eseguito sei misure cautelari a carico di altrettanti pregiudicati catanzaresi ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di furto aggravato, porto e detenzione di armi, ricettazione, riciclaggio ed estorsione. Si tratta di  Alessandro Bevilacqua, 32 anni, Stefano Bevilacqua, 30 anni; Elio Pirroncello, 25 anni, Francesco Martino, 47 anni, Antonio Passalacqua, 48 anni, Annunziata Passalacqua, 51 anni.

 


 

I reati contestati. Tra i delitti spiccano in particolare furti di armi (detenzione, trasporto e rivendita illegale o la detenzione con lo scopo di utilizzarle in altre attività delittuose) e di autovetture. Gli uni e gli altri sono stati messi a frutto tramite la successiva messa in commercio con la conseguente compravendita illegale delle armi e con  la realizzazione, per le auto, della pretesa estorsiva verso i derubati, del pagamento del prezzo del riscatto, pena la mancata restituzione del bene sottratto.

 

Le indagini. L’indagine prende le mosse da un evento delittuoso di indubbia gravità risalente al dicembre del 2014, allorquando un gruppo di malviventi si introduceva in un’abitazione sita in Catanzaro e vi sottraeva 6 fucili, 3 pistole e 10 cartucce, in perfetto stato d’uso, legittimamente detenuti e debitamente custoditi dal proprietario in una cassaforte. Nel corso delle indagini emergeva che i malviventi avevano commesso il delitto scassinando l’auto del derubato mentre questi si trovava dal barbiere ed appropriandosi così di un mazzo di chiavi, tra le quali quelle della abitazione della vittima del furto e quelle dell’armadietto blindato dove lo stesso teneva le armi.

 

L’attività di indagine veniva prontamente avviata, nel tentativo di risalire ai malviventi, escutendo persone informate sui fatti ed acquisendo i filmati registrati di alcune telecamere poste nei pressi del luogo in cui si era consumato il furto. Le indagini consentivano agli investigatori di ricostruire l’accaduto, sfruttando in particolare le immagini registrate delle telecamere installate da alcune attività commerciali presenti lungo il percorso seguito dai malfattori che restituivano un quadro chiaro in ordine alle diverse fasi del furto delle armi e relativamente alle responsabilità degli odierni destinatari di misura cautelare. 

 

L’abitudine degli indagati a circolare armati è poi stata dimostrata da ulteriori indagini che consentivano di registrare, attraverso intercettazioni di vario tipo, conversazioni dalle quali emerge chiaramente il possesso da parte di Alessandro Bevilacqua, di una pistola cal. 38 che l’uomo esibisce al fratello Stefano dicendogli “guarda che bella la 38”. In altra circostanza è stato chiaramente accertato che Alessandro Bevilacqua cedeva ad un terzo un’arma da sparo del cui cattivo funzionamento, peraltro, l’acquirente si lamentava, sostenendo che si era inceppata ed ottenendo la disponibilità del Bevilacqua a sostituire il pezzo difettoso.

 

Il furto delle auto e il sistema delle estorsioni. È emerso inoltre che gli indagati spesso costringevano i proprietari delle autovetture rubate a sborsare un “riscatto” per tornare in possesso del veicolo di cui erano stati spogliati, il cd “cavallo di ritorno”, e che gestivano un fiorente commercio di quanto rubato che via via provvedevano a “piazzare” presso incauti o poco scrupolosi acquirenti. In effetti, in numerose conversazioni telefoniche intercettate si evince, dalla viva voce dell’indagato Elio Pirroncello, il suo coinvolgimento nelle operazioni di recupero di autovetture rubate dietro l’indebito pagamento di somme di denaro in media quantificabili in 500 euro circa. E’ emerso inoltre che gli indagati spesso costringevano i proprietari delle autovetture rubate a sborsare un “riscatto” per tornare in possesso del veicolo di cui erano stati spogliati, il cosiddetto “cavallo di ritorno”, e che gestivano un fiorente commercio di quanto rubato che via via provvedevano a “piazzare” presso incauti o poco scrupolosi acquirenti.

GUARDA I NOSTRI LIVE STREAM
Guarda lo streaming live del nostro canale all news Guarda lo streaming di LaC Tv Ascola LaC Radio
top