Il pentito Foschini: «Mormile ucciso perché non volle diventare un corrotto»

Le rivelazioni del collaboratore di giustizia nell’ambito del processo ‘Ndrangheta stragista in corso a Reggio Calabria. Papalia, secondo le sue dichiarazioni, aveva rapporti con i servizi segreti
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di Consolato Minniti
20 aprile 2018
11:40

«L'educatore Mormile è stato ucciso perché non ha voluto cedere alle richieste corruttive della 'ndrangheta». È quanto afferma il pentito Vittorio Foschini nel processo Ndrangheta stragista, in corso a Reggio Calabria. Secondo il collaboratore «Mormile si era accorto che Domenico Papalia, quando usciva dal carcere per alcuni permessi, incontrava persone di 'Ndrangheta. Le sue relazioni furono negative. In un primo tempo fu avvicinato e gli furono offerti 30 milioni di lire per sistemare la questione. Mormile rifiutò e così fu deciso di ammazzarlo. Nino Cuzzola e Antonio Schettini lo bloccarono ad un semaforo e lo uccisero. Morì perché rifiuto di diventare corrotto». Il pentito ha anche aggiunto che Domenico Papalia aveva rapporti con i servizi segreti.


 L'omicidio Mormile fu rivendicato con la sigla "Falange armata" perché così fu indicato da Antonio Papalia. La telefonata fu fatta da Antonio Schettini ad un giornale. L'indicazione arrivò dai servizi segreti per far pensare ad un fatto terroristico e non mafioso.

Giornalista
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