Il processo “Erinni” crolla in Appello, pioggia di assoluzioni

La decisione dei giudici di secondo grado ribalta quella del gup per i presunti esponenti delle cosche Mazzagatti-Polimeni-Bonarrigo e Ferraro-Raccosta
di Consolato Minniti
9 marzo 2017
10:52

Naufraga quasi completamente in Appello, il processo “Erinni” che, sul finire del 2013, aveva inflitto un durissimo colpo alle cosche Mazzagatti-Polimeni-Bonarrigo e Ferraro-Raccosta di Oppido Mamertina. Nella giornata di ieri, infatti, la Corte d’Appello di Reggio Calabria, presieduta da Massimo Gullino, ha riformato profondamente la sentenza emessa dal gup ed ha assolto da tutte le accuse Rocco Bonina, Domenico Lentini, Giuseppe Rustico, Leandro Pepe e Diego Zappia, «per non aver commesso il fatto», con riferimento a tutti i reati contestati. Assoluzione solo dal reato associativo per Carmine Murdica e Luca Pepe.

 


Dopo l’esclusione dell’aggravante mafiosa ed una riqualificazione di reato, con riferimento al traffico di stupefacenti, la Corte ha rideterminato la condanna inflitta a Maria Chiara Condina, in sedici mesi di reclusione, a Carmine Murdica in quattro anni di reclusione e 4mila euro di multa, a Luca Pepe in tre anni e sei mesi di reclusione e 14mila euro di multa. Per il resto, invece, sono state confermate le condanne nei riguardi di Antonino De Pasquale, Giuseppe Mazzagatti, Cosmo Polimeni e Paolo Polimeni, tutti condannati a 6 anni e otto mesi di carcere.

 

L’inchiesta. Nel novembre 2013, i carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria eseguirono l’operazione, sotto il coordinamento della Dda guidata da Federico Cafiero de Raho, facendo scattare le manette ai polsi di numerosi soggetti accusati di far parte delle più potenti cosche di Oppido Mamertina e dei territori limitrofi. Le accuse mosse erano, a vario titolo, quelle di associazione mafiosa, riciclaggio, intestazione fittizia di beni, detenzione illegale di armi, procurata inosservanza di pena, reati questi aggravati dalle modalità mafiose, nonché detenzione e vendita di sostanze stupefacenti.

 

Fra gli episodi contestati, anche l’ormai “famoso” omicidio confessato in diretta da Simone Pepe, che raccontò ad un amico la fine che avrebbe fatto fare a due esponenti del clan rivela, Francesco Raccosta e Carmine Putrino, dandoli in pasto ai maiali. Una circostanza che ebbe un’eco mediatica pazzesca, salvo poi risolversi nell’assoluzione in primo grado, perché le parole di Pepe non furono ritenute credibili e provate dai giudici del Tribunale di Palmi. Ora si attendono le motivazioni della Corte d’Appello per comprendere quali siano stati i percorsi che hanno portato alle numerose assoluzioni dall’accusa di associazione mafiosa.

 

 

Consolato Minniti

Giornalista
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