Pittelli sapeva che stava per scattare l’operazione Rinascita Scott: rete di connivenze

Per il tribunale del Riesame che gli ha negato la scarcerazione «è solito commettere reati». Nel suo studio i militari del Ros hanno ritrovato un appunto con i temi dell'informativa dell’inchiesta

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di Redazione
2 marzo 2020
15:17
L’avvocato Giancarlo Pittelli
L’avvocato Giancarlo Pittelli

L'appunto ritrovato nello studio dell'avvocato, Giancarlo Pittelli, contenente tutti i temi dell'informativa Rinascita Scott è la prova più granitica della sua capacità di aprire e mantenere flussi informativi, riguardanti notizie che dovevano rimanere riservate. Fonti privilegiate individuate in funzionari e militari infedeli ma anche in "pezzi delle Stato". Ed è probabilmente questa la "fuga di notizie" a cui alludeva il capo della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Nicola Gratteri, all'alba del 19 dicembre mentre l'operazione scattava con un giorno d'anticipo rispetto alla tabella di marcia e i militari del Ros ritrovavano nello studio dell'avvocato catanzarese, finito in carcere, l'appunto manoscritto contenente tutti i temi dell'infomativa che lo riguardavano.

«Giancarlo Pittelli è solito commettere reati»

Giancarlo Pittelli «è solito commettere reati utilizzando la sua rete di connivenze con pezzi dello Stato», scriveranno poi i giudici del Tribunale della Libertà rigettando così la richiesta di scarcerazione presentata dal collegio difensivo. Nessuna misura alternativa per il penalista ed ex parlamentare catanzarese, oggi detenuto nel carcere di Nuoro e ritenuto "pericoloso" perchè capace di reiterare le condotte illecite. «I fatti hanno dimostrato una particolare inclinazione al delitto del ricorrente che può contare anche su complicità e connivenze all'interno delle forze dell'ordine ed in ambienti di intelligence, assicurate anche attraverso il proselitismo nelle file della massoneria». 


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L'inchiesta Poseidone

Circostanze oggi cristalizzate nelle carte dell'inchiesta Rinascita Scott ma già in parte emerse nell'inchiesta Poseidone, istruita nel 2007 dall'allora pm di Catanzaro, Luigi De Magistris, e raccontate in un'intervista rilasciata a RaiNews24 dall'attuale sindaco di Napoli. «Esattamente tredici anni fa avevamo ricostruito i flussi economici che da persone vicine alle cosche portavano fino ai colletti bianchi. Io ho sempre ritenuto Giancarlo Pittelli una figura chiave nell'avvicinare ambienti del crimine organizzato con apparati decisivi delle istituzioni, e non mi riferisco solo alla politica, anzi. Mi riferisco alla magistratura e forze di polizia. Quando iniziai ad indagare su Giancarlo Pittelli mi venne tolse l'inchiesta - precisa De Magistris -. Il procuratore non solo era amico di Giancarlo Pitelli, era il suo avvocato e sei mesi prima, nell'ottobre del 2006, Giancarlo Pittelli aveva assunto nel suo studio il figlio della moglie del procuratore». 

Le notizie riservate

Una capacità non solo ipotizzata dalle ricostruzioni della Procura ma anche confermata dai giudici del Tribunale del Riesame che lo descrivono come un avvocato che «vive della sua professione ma non in maniera corretta e gratuita. Questo suo modus agendi consiste nell'ottenere illecitamente notizie riservate che gli consentono di presentarsi ai propri clienti come in grado di accelerrare la risoluzione delle loro questioni». Così è, ad esempio, con la cosca Mancuso con la quale Pittelli avrebbe instaurato un rapporto "sinallagmatico". A raccontarlo intercettato è Giuseppe Salvatore Galati, ritenuto esponente di vertice della locale di 'ndrangheta dei Piscopisani, il quale spiegava la necessità di essere difesi da un avvocato come Giancarlo Pittelli: «Ci vuole un avvocato che conosce i magistrati di Catanzaro - precisava -. Giancarlo conosce tutti perchè è stato 15 anni deputato, li ha cresciuti tutti. Tutti i magistrati li ha avuti nel suo studio, facevano il patrocinato da avvocato, capito?».

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Il nome di Pittelli tra le ultime chiamate di un killer

Un'intercettazione che giustifica poi i giudici del Tribunale del Riesame nel ritenere Giancarlo Pittelli "pericoloso" per il «rilevante apporto causale prestato ad un'organizzazione criminale estremamente agguerrita e pericolosa che non esita a ricorrere a metodi violenti per la realizzazione dei propri obiettivi criminali». «Vi racconto come il nome di Giancarlo Pittelli compare per la prima volta nei tabulati d'indagine» spiega Gioacchino Genchi, avvocato e esperto informatico alle telecamere di RaiNews24.

 

«Nelle Serre vibonesi venne commesso un omicidio. In una faida vennero uccisi due fratelli, Loiero. I killer costretti a scappare abbandonano sul luogo dell'omicidio una pistola e un telefono cellulare. La polizia raccoglie quei reperti e il pubblico ministero mi incarica di analizzare questo cellulare. Fra le ultime chiamate risultava un numero intestato a Pittelli Giancarlo. Quindi acquisisco questo tabulato, lo sviluppo e trovo l'ira di Dio: contatti con il procuratore della Repubblica che mi aveva dato l'incarico, con magistrati della stessa procura, con giudici del Tribunale della Libertà che in contemporanea stavano decidendo di processi importanti con cui erano state annullate anche misure cautelari. Mi accorgo insomma che quello era il tabulato di Pittelli».

 

 

 

 

 

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