I servizi segreti deviati svelavano alla mafia dove scovare i pentiti sotto protezione

Lo rivela il collaboratore Emanuele Di Filippo al processo 'Ndrangheta stragista: «Bagarella aveva le informazioni». Ed ancora: «Mi occupai dell'acquisto dell'acido per sciogliere i cadaveri». E sui rapporti con i calabresi: «Regalarono una volpe imbalsamata a mia sorella»

di Consolato Minniti
29 ottobre 2018
14:05

«Lupo mi disse che Bagarella avrebbe individuato i pentiti grazie alle informazioni che riceveva dai servizi segreti». A riferirlo in aula è Emanuele Di Filippo, collaboratore di giustizia, sentito nella mattinata odierna al processo ‘Ndrangheta stragista. Di Filippo, originariamente inserito nel gruppo di fuoco di Ciaculli, nei primi anni ’80, era un uomo d’onore ma – come lui stesso ammette - «non ritualmente punto». Rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, Di Filippo ha ripercorso tutti i suoi trascorsi, sia da killer che poi da trafficante di droga, nel settore delle estorsioni e del contrabbando di sigarette. Fu proprio grazie alle sue indicazioni che gli investigatori riuscirono ad arrivare alla cattura di Leoluca Bagarella.

Di Filippo spiega alla Corte d’Assise, presieduta da Ornella Pastore, che i rapporti con Bagarella si consolidarono. La sorella di Di Filippo, infatti, era sposata con Antonino Marchese, fratello della moglie di Bagarella. Un incrocio familiare e di rapporti fra i big di Cosa nostra che, rammenta Di Filippo, comunicavano tramite pizzini che lui stesso riceveva da Filippo Graviano e che si incaricava di consegnare «chiusi e sigillati».


I rapporti con i servizi segreti

Di Filippo spiega di aver saputo da Antonino Giuliano che «i Graviano, quando furono arrestati nel gennaio del 1994, erano andati a Milano in quanto avevano saputo della presenza in città o lì vicino di alcuni collaboratori di giustizia». È a questo punto che Di Filippo parla dei rapporti fra Cosa nostra e servizi segreti. «Ho conosciuto Lupo da persona libera, ma erano incontri occasionali. Poi lo incontrai al carcere dell’Ucciardone. In pratica, mentre eravamo in carcere e parlavamo di pentiti, Lupo disse che Leoluca li avrebbe individuati grazie ad informazioni che riceveva da qualcuno dei servizi segreti». Su sollecitazione del pm, che parla chiaramente di servizi di sicurezza deviati, Di Filippo ricorda il collegamento logico che fece all’epoca: la spedizione milanese dei Graviano poteva essere finalizzata proprio alle informazioni date da Bagarella, grazie alle fonti qualificate.

Rapporti con la ‘ndrangheta

Di Filippo sa dire poco di rapporti fra ‘ndrangheta e la famiglia Graviano. Rammenta solo un episodio, nel quale fecero una sosta, nel viaggio da Palermo in Calabria. «I calabresi regalarono una volpe imbalsamata a mia sorella. Ma non si parlò di nulla di specifico, fu solo una visita». Non sa chi fossero né dove si trovassero precisamente. «Tutto si concluse in poche ore, poco dopo lo sbarco da Villa San Giovanni».

L’acido per uccidere

Infine, Di Filippo, su domanda del pubblico ministero, ha confermato di essersi occupato di trovare l’acido che serviva per sciogliere i cadaveri, nel periodo compreso fra il 1984 ed il 1986. «Giuseppe Lucchese mi chiese di informarmi all’argenteria Di Cristofaro di Brancaccio, dove mi recavo per avere il pizzo». Ma di questa vicenda Di Filippo non sa molto altro. L’acido c’era e doveva servire ad eliminare fisicamente le vittime di Cosa nostra.

Giornalista
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