Violenze all'asilo, il racconto del terrore: «La maestra mi picchia!»

Il dramma di una delle bimbe: dagli incubi notturni alla decisione di lasciare casa e andare dai nonni. Poi il ritorno all'asilo e le nuove minacce delle maestre ai piccoli alunni: «Se ti muovi, ti faccio piangere!»
di Consolato Minniti
25 novembre 2016
10:43

È rossa in viso e piange, quel giorno, Emanuela. Quando la mamma va a prenderla all’asilo la trova sconvolta. «Ha litigato con una compagna», dice la maestra che la tiene in braccio. Ma è una finta verità. È la sorella Giovanna, di poco più grande, a raccontare tutto ai genitori: la maestra ha dato botte ad Emanuela. Gli occhi della mamma rimangono atterriti. Quel luogo, che deve essere una cassaforte di giochi e serenità per le sue bimbe, si trasforma in un inferno.

 


Inizia da quel mezzogiorno di metà novembre di un anno fa, il carico di sospetti di mamma Giulia. Un percorso arrivato sino a ieri, quando i militari della Guardia di Finanza, con il coordinamento della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, hanno stretto le manette ai polsi delle due maestre, R. G., 61 anni, e D. A. G., 37 anni, entrambe insegnanti in una scuola per l’infanzia pubblica del quartiere Gallico, periferia nord di Reggio. Sono accusate di aver maltrattato, in modo continuato, numerosi bimbi che, nel corso del tempo, hanno frequentato l’asilo.


VIDEO | Reggio, bimbi maltrattati in una scuola materna: ai domiciliari due maestre

 

«Mi fanno male! Mi fanno male!», urla Emanuela, svegliandosi all’improvviso nel cuore della notte. Piange. S’irrigidisce. Non riesce neppure a trattenere i bisogni corporali, quando varca la soglia dell’asilo. Mamma Giulia, allora, dopo aver saputo dalla sorellina più grande che la maestra picchia Emanuela, decide di recarsi a scuola e chiede un chiarimento all’insegnante. Che non la prende bene e intima alla donna di non permettersi più di fare simili insinuazioni. È inutile la speranza di Giulia, di poter avere un incontro con il dirigente scolastico. Passa qualche tempo e la situazione sembra normalizzarsi. Ma c’è un dato strano: le due bimbe raccontano di altri maltrattamenti nei confronti dei compagni. Due in particolare, colpiti con sculacciate e bacchettate alle mani.

 

Emanuela ha paura, tanta paura. Soprattutto quando sa di doversi fermare a mensa. Il terrore sale su dalla pancia, tanto da non riuscire a resistere. La mamma comprende che la sua bambina cerca ogni scusa possibile per non fermarsi a mangiare a scuola. Confessa che la maestra, una volta, l’ha presa dai vestiti, strattonandola e scuotendola fortemente. Ha un trauma forte, dentro, la piccola. Così profondo da guardare negli occhi la sua mamma e chiederle se lei sia una bambina buona o cattiva; se alla scuola materna sia ubbidiente o monella. Quel solco scavato nell’animo di Emanuela lascia una traccia profonda: la bimba identifica nei genitori coloro che la costringono ad andare in quel luogo di violenza. E per questo lascia l’abitazione di famiglia, per andare dalla nonna materna, dove rimane per 15 giorni. In quella scuola non vuole metterci più piede e, per farlo capire ai genitori, si rifiuta di parlare sia con loro che con la sorella più grande. Ma l’amore di mamma e papà è troppo grande per essere soffocato dalla protesta. Giulia e il marito lasciano che la figlia si calmi e poi la convincono a tornare a casa. Pian piano arriva anche il momento del ritorno fra i banchi dell’asilo. Nulla cambia, però: Emanuela è terrorizzata per le sculacciate e i colpi alle mani. «La maestra è monella e mi picchia», ripete a chiunque le chieda qualcosa.

 

Mamma Giulia, allora, contatta Telefono azzurro. Sono loro a chiamare il dirigente scolastico, che questa volta riceve la donna. È perplesso, afferma di non aver mai sentito nulla di simile e che a suo avviso vi è un contrasto fra la bambina e l’insegnante.

 

Passano i giorni e la donna ha un’ulteriore conferma: accompagna sua figlia all’asilo e lei rimane aggrappata alla gamba della mamma. Non vuole entrare. Poi la chiamata di un’altra maestra: Emanuela, inspiegabilmente, molla la madre e serenamente si avvia verso la classe. È il momento in cui tutto appare chiaro.

 

Giulia si rivolge alla Guardia di Finanza. L’asilo di Gallico viene riempito di telecamere e dispositivi di registrazione audio. È un rosario di violenze, quello che viene fuori dal materiale raccolto dalle Fiamme Gialle. Le due insegnanti colpiscono ripetutamente i bambini. Ad un piccolo alunno viene girato il polso, un altro strattonato, colpito ad una gamba e poi ancora alla testa con un giocattolo. Dopo, le minacce: «Ora devo prendere la bacchetta, ora si che mi sono seccata e vediamo chi si muove». Alla risposta dei bimbi, ecco la frase tremenda: «La vuoi assaggiare, questa, sul culetto?». E ancora: «Ora gli meno a questo. Se ti muovi ti faccio piangere». Non mancano neppure le minacce di chiudere i bambini in bagno a chiave. Non si contano schiaffi, buffetti e pianti disperati dei piccoli alunni: «Non mi picchiare!», implora un bambino. Fino a quando, un giorno, la più giovane delle insegnanti, prende con forza un bimbo, lo rimprovera e lo mette di peso sul banco. Lui si ribella, per tre volte, e lei lo prende di nuovo con la forza. Non soddisfatta, preme la testa del bimbo contro il tavolino e, mentre lo rimette a sedere, la gamba del piccolo rimane incastrata sopra il banco con un movimento innaturale. Al povero bimbo non rimane che disperarsi per quasi mezz’ora.

 

Tutto questo è ciò che le telecamere hanno catturato nell’asilo degli orrori di Gallico. Le due maestre sono ora agli arresti domiciliari con accuse molto pesanti. Per i bambini, è la fine di un incubo.

 

I nomi che avete letto sino ad ora sono di fantasia. Quella stessa che i poveri piccoli hanno corso il rischio di perdere per sempre a suon di ceffoni e colpi proibiti, finiti solo grazie al coraggio di una mamma che ha saputo ascoltare le parole e gli occhi colmi di terrore della sua bambina.

 

Consolato Minniti

 

Giornalista
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