BENI CULTURALI | Parco archeologico Terina, quale futuro?

Secondo la studiosa Giovanna De Sensi Sestito un semplice bando potrebbe permettere ad una cooperativa con poco dispendio di risorse di rendere attivo il sito lametino. Ultimatum dell'Ue che ha dato tempo fino al 31 marzo 2019
di Tiziana Bagnato
8 febbraio 2018
13:57

«Basterebbe poco. Non solo per aprire i cancelli del Parco Archeologico di Terina, ma anche per farlo vivere». Giovanna De Sensi Sestito, docente di Storia Greca all’Unical e già assessore ai Beni Culturali del Comune di Lamezia Terme interviene sulla vicenda calda di queste ore. Il sito archeologico di Terina, nato a Sant’Eufemia Vetere sull’antica colonica crotonese, è diventato un parco grazie a contributi eterogeni tra cui anche un apporto da parte della Comunità Europea. Ma bisogna fare in fretta.

 


La commissaria Ue alle Politiche regionali, Corina Cretu, rispondendo a un'interrogazione scritta presentata nell'ottobre scorso dall'europarlamentare pentastellata Rosa D'Amato ha dato tempo fino al 31 marzo 2019 alle autorità italiane per renderlo operativo. In caso contrario "l'importo Fesr finora investito nel progetto verrà recuperato durante la chiusura del programma Calabria Fesr 2007-2013".

 


Al momento il parco è una distesa di quelli che volgarmente vengono chiamati nel meridione come ‘fiori di ciuccio’, la strada sterrata è stata ricoperta con ghiaia per non degenerare in fanghiglia con le piogge. Perfino l’indicazione per gli scavi è immersa nelle sterpaglie. A chi già non lo sapesse diventa ben difficile immaginare che lì si trovi un parco archeologico di grande valore storico. Eppure, sostiene la professoressa De Sensi, basterebbe poco per metterlo in moto, né l’Ue potrebbe permettersi di ritirare il finanziamento visto che questo era finalizzato alla realizzazione e non alla gestione.

 

Da qui l’appello lanciato dalla docente proprio davanti al Comune ai commissari affinché non siano sordi e non lascino morire una realtà che non è fine a se stessa ma che è solo il tassello di quello che potrebbe essere un percorso turistico tra i beni culturali cittadini. A pochi passi si trova, infatti, l’Abbazia Benedettina, poco più in là il Bastione di Malta. Supremo a dominare Nicastro, ma chiuso da tempo ormai, il Castello Svevo Normanno. Tessere che aspettano di essere inserite in un progetto che potrebbe portare turismo, occupazione, fare girare l’economia.

 

Fondamentale è innanzitutto, chiarisce, De Sensi Sestito, occuparsi della pulizia del parco per evitare che la vegetazione prenda il sopravvento. Per fare questo basterebbe, suggerisce, inserire il parco tra i luoghi di cui si deve occupare chi è deputato al verde pubblico. Per la gestione poi, basterebbe un «bando con condizioni accessibili affinché magari una cooperativa di giovani che abbia le competenze possa proporre un suo progetto e non solo aprire il parco ma fare anche molto altro e renderlo vivo magari coinvolgendo anche altri siti storici».

 

La docente lancia il suo appello ai commissari prefettizi e dà anche disponibilità ad essere ascoltata per fare la sua parte e dare il suo contributo qualora lo ritenessero necessario. Sulla questione si è mossa anche l’associazione Natale Proto che sulla questione dichiarava: «Al nostro Comune non è richiesta nessuna elargizione di fondi, ma solo l’attivazione di un semplice iter amministrativo, ovvero l’indizione di un bando di gara, atto a garantire la manutenzione del Parco e la sua fruizione integrata con gli altri beni culturali lametini (anche solo di quelli archeologici). Ai commissari prefettizi abbiamo richiesto un incontro con il carattere dell’urgenza. A loro non può non stare a cuore la cosa visto e considerato che il migliore antidoto all’illegalità è proprio la cultura, ancor più se porta economia».

 

Giornalista
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