Siccità in Calabria, anche Coldiretti chiede lo stato di calamità ma tutta l'Italia è a secco

Nella nostra regione le zone agricole più colpite sono quelle della fascia jonica. Nei primi due mesi del 2020 in Italia si è registrato l'80 per cento in meno di precipitazioni rispetto agli anni precedenti 

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di Redazione
29 febbraio 2020
18:18
Siccità (foto Ansa)
Siccità (foto Ansa)

«Con il caldo e la mancanza di pioggia in un inverno anomalo è scattato l’allarme siccità in città e nelle campagne con difficoltà per le coltivazioni e nei pascoli per l’alimentazione degli animali in un numero crescente di regioni, dal Piemonte alla Sicilia». È  l’allarme della Coldiretti sugli effetti dell’andamento climatico che «rischia di lasciare l’Italia a secco in un 2020 segnato da -80% precipitazioni e una temperatura superiore di 1,87 gradi la media storica secondo le elaborazioni su dati Ispra relativi al mese di gennaio 2020 ».

 


La situazione al Sud

«In Sicilia non sono bastate le processioni per invocare la pioggia, il grano non cresce mentre per gli ortaggi e i nuovi impianti di vigneto è stato addirittura necessario intervenire con irrigazioni di soccorso ma – sottolinea la Coldiretti - anche i pozzi si stanno asciugando lasciando intravedere un futuro davvero tragico in una situazione in cui mancano all'appello, rispetto ad un anno fa, circa 73 milioni di metri cubi d'acqua. Si stanno svuotando progressivamente anche gli invasi anche in Puglia dove – prosegue la Coldiretti - la disponibilità di acqua risulta addirittura dimezzata in 12 mesi con circa 140 milioni di metri cubi, contro i 280 di un anno fa, secondo un’analisi di Coldiretti sulla base degli ultimi dati dell’Osservatorio Anbi».

«In Calabria la Coldiretti ha chiesto l'avvio delle procedure per il riconoscimento dello stato di calamità per la situazione di emergenza in particolare nella fascia jonica che va da Sellia Marina a tutto il crotonese, in particolare l'altopiano di Isola di Capo Rizzuto, con un area di circa 4mila ettari investita alla coltivazione di finocchio che si sta distruggendo. Ma anche in tutte le altre aree agricole regionali – precisa l’associazione - i terreni seminati a grano duro, cereali, leguminose, erbai per la produzione di foraggio per gli allevamenti e pascoli montani) risultano gravemente secche e danneggiate».

 

La richiesta dello stato di calamità naturale per la nostra regione era stata avanzata anche da Alberto Statti, presidente di Confagricoltura Calabria: «Una procedura - afferma -  che consentirebbe in parte di alleviare le difficoltà che stanno incontrando gli imprenditori agricoli calabresi già alle prese con una crisi straordinaria del mercato aggravata ora dall’emergenza climatica che ha investito il settore».

 

Fase preoccupante anche al Nord

«La situazione sta diventando preoccupante anche al Nord, dove il Consorzio per il Canale Emiliano Romagnolo, la più lunga asta irrigua italiana con 133 chilometri ha dovuto anticipare l’avvio dell'irrigazione a beneficio dell'intero comparto agricolo. I grandi laghi dell’Italia settentrionale come il lago di Como e il lago di Iseo sono largamente sotto media (sono rispettivamente al 18% ed al 21% della capacita di riempimento) ma anche i livelli idrometrici del fiume Po sono sotto la media stagionale e fanno segnare -2,5 metri al Ponte della Becca, un livello praticamente estivo che - sottolinea la Coldiretti – ha spinto l’Autorità distrettuale di bacino a convocare per il 6 marzo l’Osservatorio sulle crisi idriche. Nei campi fino in Piemonte c’è preoccupazione per i terreni secchi seminati a cereali che rischiano di non far germogliare ed irrobustire a dovere le piantine che, in caso di repentino abbassamento delle temperature potrebbero gelare o essere spazzate via in caso di piogge violente».

 

Investire in nuove infrastrutture

Secondo la Coldiretti la siccità «è diventata l’evento avverso più rilevante per l’agricoltura con i fenomeni estremi che hanno provocato in Italia danni alla produzione agricola nazionale, alle strutture e alle infrastrutture per un totale pari a più di 14 miliardi di euro nel corso di un decennio».

«In un Paese comunque piovoso come l’Italia che per carenze infrastrutturali trattiene solo l’11% dell’acqua, occorre un cambio di passo nell’attività di prevenzione», dichiara il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che «bisogna evitare di dover costantemente rincorrere l’emergenza con interventi strutturali». Il primo passo è «la realizzazione di piccole opere di contrasto al rischio idrogeologico, dalla sistemazione e pulizia straordinaria degli argini dei fiumi ai progetti di ingegneria naturalistica», ma allo stesso tempo, continua Prandini, «serve un piano infrastrutturale per la creazione di piccoli invasi che raccolgano tutta l’acqua piovana che va perduta e la distribuiscano quando ce n’è poca ai fini di regimazione della acque, irrigui, ambientali e dell’accumulo/produzione di energia idroelettrica. Servono – conclude – interventi di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque, campagne di informazione ed educazione sull’uso corretto dell’acqua, un impegno per la diffusione di sistemi di irrigazione a basso consumo, ma anche ricerca e innovazione per lo sviluppo di coltivazioni a basso fabbisogno idrico».

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