La riorganizzazione

Cgil Calabria, la sede della Piana di Gioia Tauro perde l’autonomia dopo 44 anni ma i servizi restano

VIDEO | Cambio epocale dopo che il congresso metropolitano ha sancito l'accorpamento della segreteria comprensoriale nata nel 1978 sull'onda degli scioperi che chiedevano lo sviluppo industriale  

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di Agostino Pantano
4 gennaio 2023
19:00

Dopo 44 anni di autonomia, la “Cgil comprensorio Gioia Tauro” viene accorpata nella struttura provinciale ora denominata “Reggio Calabria Area metropolitana”. Una riorganizzazione, quella decisa nel congresso andato in scena lo scorso 23 dicembre, che ha creato allarme in un territorio storicamente rappresentato da una organizzazione che ha fatto della diversità economica e sociale della Piana il suo punto di forza, dai braccianti ai portuali. «Dal punto di vista dei servizi erogati – chiarisce Nino Calogero, segretario Inca di Gioia Tauro – non cambia nulla. Nella sede di via Bellini rimarranno attivi il Caf, i Patronati ed anche le Categorie manterranno la loro postazione per la difesa dei diritti individuali e collettivi».

Il front office per le risposte da dare ai lavoratori, quindi, rimane invariato e quel che cambia, semmai, è il ruolo politico dell’organizzazione sindacale. Non ci sarà più la segreteria comprensoriale, fino a ieri affidata a Celeste Logiacco, e il segretario provinciale Gregorio Pititto - che guidava le strutture di Reggio e della Locride – sarà il responsabile anche dei 15 presidi distribuiti sul territorio. «Il congresso - prosegue Calogero - ha deciso un tipo di accorpamento che potenzierà la struttura di Gioia Tauro, riconosciuta per la importanza economica e strategica che quest’area ancora mantiene. La stessa segreteria confederale avrà dei punti di riferimento stabili e continui nella sede».


Nata nel 1978, sull’onda degli scioperi che chiedevano lo sviluppo industriale e l’avvio del porto di Gioia Tauro, la struttura comprensoriale della Cgil per certi versi ha fatto la storia di un territorio per lunghi anni metafora nazionale di un Sud tradito dallo Stato. Una voce autonoma, ma non autosufficiente, quella del sindacato di Landini che ha saputo imporsi anche a livello nazionale per la sua capacità di analisi e di rappresentazione delle problematiche. La fine politica, ma non organizzativa, della struttura – dovuta probabilmente a ragioni di risparmio – avviene nel momento in cui si assiste al ritorno di un dibattito nazionale intorno alle questioni che riguardano l’area, rigassificatore e migranti su tutto.

Giornalista
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