Quando il diavolo veste il camice

La malasanità raccontata sul piccolo schermo terrorizza più di un horror. Ecco quattro storie (vere) da brivido

Dal racconto della nascita di un antidolorifico che ha ucciso milioni di persone alla maxitruffa della Theranos fino al neurochirurgo assassino

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di Alessia Principe
7 maggio 2023
12:43
Dr Death
Dr Death

Quando il cinema racconta la sanità, anzi la malasanità, fa più paura di un pezzo di cronaca o di una maratona di Hellraiser. Anche se il film o la serie non è indimenticabile, sapere che è tratto «da una storia vera», ci fa sprofondare in uno stato di profonda inquietudine. Affidiamo le nostre vite ai medici, alla ricerca, ma cosa accade quando qualcuno tradisce la nostra fiducia? 

Un esercito di vittime

Nella serie  “Dopesick” sulla graticola è finito il sistema farmaceutico che ha letteralmente “avvelenato” mezzo mondo con la diffusione dell’ossicodone spacciato come un antidolorifico qualunque. Il creatore della serie (su Disney+) forte di un cast eccellente (Michael Keaton in stato di grazia) punta il dito contro la Purdue Pharma, che in nome del profitto ha diffuso in modo capillare un farmaco che ha mietuto 400mila vittime solo dal 1999 al 2017, più un numero indefinibile di neodipendenti dall’oppioide. Un'ecatombe che non si ferma.


Dr. Death, il neurochirurgo degli orrori

Altro giro, altra corsia. Se la storia del cannibale Dahmer vi ha inquietato, “Dr. Death” vi leverà il sonno, perché qui non abbiamo a che fare con uno squilibrato, ma con un medico, un neurochirurgo all’apparenza rassicurante, fascinoso, e con un curriculum d’eccezione alle spalle. La miniserie è basata su una serie di podcast made in Usa che hanno svelato il lato oscuro della medicina americana. Seguiamo la storia del dottor Christopher Duntsch (interpretato da Joshua Jackson) un rampante specialista pieno d'ambizione. Ma chi è davvero quella che è considerata la stella nascente della medicina? Nessuno lo capirà mai veramente. Quello che si sa, è che sotto le sue mani due pazienti sono morti, su trentotto pazienti trentatré sono tornati a casa mutilati o in gravissime condizioni. E parliamo di persone messe sotto i ferri per interventi di routineDuntsch era un pazzo o solo un inetto che cercava di coprire le proprie mancanze coprendole con l’arroganza? Lo sa Dio. Sta di fatto che il Dottor Morte non ha mai ammesso le proprie responsabilità, difendendo il proprio operato contro ogni logica e prova. È stato arrestato nel luglio 2015 e condannato all’ergastolo nel 2017. Il suo fu il primo caso noto di condanna penale contro un medico per le sue azioni nel corso del suo lavoro.

L'infermiera danese che uccideva i pazienti

Nel 2022 Kristian Corfixen ha pubblicato un libro "The Nurse: Inside Denmark’s Most Sensational Criminal Trial" che ricostruisce un caso che anni fa sconvolse la Danimarca, da cui Netflix ha tratto la miniserie "L'infermiera". È la notte del 2015, tre pazienti ricoverati in ospedale muoiono per arresto cardiaco. Poche ore dopo arriva una telefonata al centralino della Polizia, è un'infermiera, si chiama Pernille, vuole sporgere denuncia contro una collega: «Ho il sospetto che uccida i pazienti» dice. L'inchiesta porta a galla una verità sconvolgente: Christina Hansen, considerata una veterana, un punto di riferimento per tutte le sue colleghe, ha deliberatamente provocato scompensi letali nei pazienti ricoverati, iniettando nelle loro flebo morfina e diazepam. Grazie alla giovane infermiera Pernille, che in seguito fu oggetto di discriminazioni da parte delle altre colleghe, la catena di sangue si arrestò. La Hansen fu poi condannata per soli tre omicidi e un tentato omicidio, perché l'accusa non riuscì a provare il suo coinvolgimento in altre morti sospette. Le perizie psichiatriche rivelarono che era affetta da un disturbo della personalità: il suo scopo non era uccidere i degenti ma farli stare male così da salvarli e prendersi il merito. La condanna definitiva per lei fu di 12 anni di carcere. 

L’ascesa e la caduta di miss “goccia di sangue”

Restiamo a orbitare nell’ambito medico, questa volta della ricerca, per parlare di “The Dropout” (su Disney +), la vera storia di Elizabeth Holmes. Chi è veramente questa ragazza bionda con la passione per i maglioni neri a collo a alto, che era stata definita la nuova “Steve Jobs” per la rivoluzione che prometteva di compiere? Sappiamo che è stata per un periodo una delle golden girl dell’imprenditoria americana, una stakanovista, un genio. Aveva messo su la Theranos, una start up che pubblicizzava un macchinario che da una semplice goccia di sangue era in grado di elaborare decine di analisi. Niente più prelievi e tempi quasi azzerati per le diagnosi. Chiunque poteva sapere i propri valori e capire l’origine di una malattia in pochissimi minuti. Una scoperta da Nobel.

Senza avere in mano nulla, neanche uno straccio di prova concreta che quella macchina funzionasse davvero, la Holmes è riuscita a ottenere investimenti per miliardi di dollari. Miliardi. L’effetto passaparola tra gli imprenditori ingolositi dalla novità, è stato dirompente (e disastroso). Per anni questa favola della giovanissima che aveva scalato la montagna del successo, apparve come l’ennesimo miracolo americano. La sua faccia è finita sulla copertina di riviste come Forbes e al New York Times raccontava la sua vita rigorissima, completamente dedita al lavoro. «Non sono mai in ritardo di un minuto. Non mostro entusiasmo. Non sono impulsiva. Conosco l’esito di ogni incontro. Non esito. Prendo costantemente decisioni e le cambio secondo necessità. Parlo raramente. Dico subito stronzate».

Ecco l’autoritratto di una donna che alle 4 e mezzo del mattino si svegliava, ingollava un bicchiere di siero di latte che chiamava “banananna” ed entrava nella sua azienda, diventata enorme, come la sua ambizione, ma con i piedi di vetro. Una storia così, però, non poteva finire bene. Anzi, è finita malissimo. Nonostante i tentativi di manipolare l’informazione (quando un tecnico, un investitore, un giornalista, chiedeva informazioni sul funzionamento delle macchine Theranos, l’azienda rispondeva «segreti commerciali») Holmes è finita alla sbarra. La menzogna era diventata talmente gigante da non poter essere più contenuta in quel velo di discrezione aziendale. Il 18 novembre del 2022, Elizabeth Holmes venne condannata a 11 anni e 3 mesi di carcere e a pagare una multa di 100 e 400 dollari per ogni accusa di frode.

Giornalista
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