Bimbo ucciso dal patrigno, i giudici: «Madre non impedì violenze»

La 30enne è indagata per omicidio ai danni del figlio: «Una turpe complicità fatta di inerzia e di colpevoli silenzi»

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di Redazione
12 aprile 2019
17:32

Valentina Casa, 30 anni, madre di Giuseppe Dorice, non ha cercato di impedire le violenze del compagno Tony Essobti Badre sui figli. La donna è indagata per omicidio ai danni del figlio, tentato omicidio verso la figlia e maltrattamenti nei confronti dei tre bambini, reati aggravati dalla crudeltà, dai futili motivi e dall’abuso delle relazioni domestiche.

«Rimaneva inerte mentre il compagno colpiva i figli con efferata violenza»: con questa accusa finisce in carcere per concorso in omicidio la madre del piccolo Giuseppe, il bambino ucciso a bastonate, il 27 gennaio scorso, dal compagno della madre, Tony Essobti Badre, già in cella dalle ore successive al delitto.



E’ un ritratto agghiacciante quello tracciato nell’ordinanza del suo arresto. Tanto che, rileva il giudice, se Tony Essobti Badre è «un lupo da eliminare con un tratto di penna, la madre non è migliore».

 

Valentina aveva cercato di coprire il compagno

Nei giorni successivi alla tragedia Valentina Casa aveva cercato di aiutare Tony Essobti Badre, mettendosi d’accordo con lui su cosa dire agli investigatori.

Agli inquirenti «non riferì immediatamente che Tony era stato l’autore di quello scempio», arrivando invece a «negare la violenza» già perpetrata sui bambini. Si legge nella nota della Procura: «L’indagata, secondo la ricostruzione investigativa, provava invece a ripulire il sangue uscito dalle ferite dei figli con dei teli lasciati in bagno, occultava all’interno della pattumiera le ciocche di capelli strappate dal compagno alla figlia e, all’atto di intervento degli operanti, non riferiva immediatamente che Tony era stato l’autore di quello scempio, negava piuttosto la violenza già perpetrata all’indirizzo dei bambini».


Tutte le violenze sui bambini, si legge nell’ordinanza, erano state possibili solo per colpa del comportamento della madre, che non si è opposta e anzi ha avuto una «turpe complicità fatta di inerzia e di colpevoli silenzi». Come nel caso dell’ultimo massacro, quello fatale. La decisione di non chiamare il 118 era stata condivisa, come ha detto anche Essobti Badre, intercettato in carcere mentre parla col fratello: quella sembrava solo una delle tante volte in cui aveva picchiato i bambini, solo che, in quella occasione, «si era proprio ingrippato, mannaggia».

Le bambine rifiutano la madre

Nell’ordinanza si descrive anche il comportamento delle bambine dopo la tragedia. La più grande, quella finita in ospedale con la faccia spaccata a calci, in reparto non l’ha mai vista. La più piccola non vuole lasciare il centro dove è stata collocata: dice che ci sta meglio, che vuole diventare grande nella sua nuova casa. Che della madre non vuole più sapere nulla. E, anche dopo funerale, il giudice rileva il comportamento della donna. La sua vita prosegue come se nulla fosse successo, tra serate nei locali di Sorrento e l’ansia per l’uscita dell’ultimo film al cinema.

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