Caso Spoleto, Oliverio è vittima del suo provincialismo e non della magistratura

La difesa del governatore appare fuorviante rispetto al problema politico che pone la vicenda. Per una volta, dunque, lasciamo perdere i risvolti penali. Era giusto e utile spendere 100mila euro per finanziare un evento di costume, con l’obiettivo di promuovere la Regione? Un evento, tra l’altro, nel quale protagonista non era la Calabria ma il suo presidente? Il nocciolo della vicenda sta tutto dentro questo paradosso

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di Pasquale Motta
5 agosto 2019
19:10
Il dottor Pasquano e Oliverio
Il dottor Pasquano e Oliverio

Un’altra tegola di natura giudiziaria si è rotta sulla testa del presidente della Regione Calabria. Ancora una volta il refrain è sempre lo stesso: presidente perseguitato. In tal senso la nota dell’avvocato di Oliverio è chiara, oltre che emblematica. E tuttavia, la difesa del governatore appare fuorviante rispetto al problema politico che pone la vicenda. Per una volta, dunque, lasciamo perdere i risvolti penali. Siamo stufi di commentare queste vicende abusando dell’eterno, quanto sterile, dibattito garantismo/giustizialismo che, onestamente, ci ha frantumato i “cabasisi”, tanto per usare la colorita espressione resa celebre del mitico, ruvido e schivo dottor Pasquano del Commissario Montalbano, interpretato dal compianto Marcello Perracchio. Rimaniamo nei parametri della valutazione e dell’opportunità politica di promuovere la nostra regione con iniziative di questo tipo e che rappresentava il cuore della nostra inchiesta giornalistica di un anno fa.


Sostanzialmente noi contestiamo e contestavamo il fatto che il presidente della Regione, e i suoi “acuti” consiglieri e consigliere, potessero ritenere giusto e utile, spendere 100mila euro per finanziare un evento di costume, con l’obiettivo di promuovere la Regione. Un evento, tra l’altro, nel quale la protagonista non era la Calabria ma il suo presidente. Il nocciolo della vicenda sta tutto dentro questo paradosso. Il resto è fuffa. Vittimismo intriso di retorica a buon mercato. La domanda è semplice: perché una terra come la nostra con eventi culturali di pregio, alcuni colpevolmente esclusi dai circuiti culturali finanziati dalla Regione, dovrebbe trarre beneficio da una intervista al presidente della Giunta regionale da parte di un noto giornalista come Paolo Mieli? E quale beneficio avrebbe dovuto portare alla Calabria e ai calabresi una cena con alcuni vip dello spettacolo a base di prelibatezze nostrane all’ombra di un noto festival di una città umbra? Erano questi gli interrogativi che giornalisticamente avevamo sollevato sulla nostra testata con il pezzo del nostro Enrico De Girolamo. Il fatto che oggi quegli interrogativi siano anche alla base di un’inchiesta giudiziaria, è un caso e, comunque, rimangono un dettaglio.



Mario Oliverio, non è vittima di una persecuzione giudiziaria, ma è semplicemente vittima del suo provincialismo. Il provincialismo di chi si era illuso che bastasse un’intervista da parte di un autorevole personaggio dei salotti buoni dell’intellighenzia nazionale per riconquistare una credibilità politica ormai persa da tempo. La legittimità o meno delle decisioni amministrative, dunque, con questo tema hanno poco a che vedere. L’affermazione che il presidente Oliverio affida al suo difensore, allorquando afferma «forse mai soldi son stati spesi in maniera migliore ed efficace, rispetto al nostro territorio!», fa semplicemente accapponare la pelle per la sua insensatezza sul piano politico. E ciò, perché rivela quello che ormai sappiamo da un pezzo: siamo di fronte ad una classe dirigente assolutamente priva di quella scintilla conscientiae essenziale per indicare alla società ciò che è giusto e ciò che è sbagliato nell’amministrazione della cosa pubblica.


Se a tutto ciò, aggiungiamo tutte le dichiarazioni che stanno venendo fuori dall’entourage vicino ad Oliverio anche per questa ulteriore grana, si percepisce subito che il dramma si stia rapidamente trasformando in farsa, soprattutto quando si pretenderebbe l’intervento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sul Csm per bloccare le inchieste giudiziarie che pendono sul presidente della Regione. Una pretesa che farebbe arrossire finanche Silvio Berlusconi. Oppure, come afferma lo stesso avvocato del governatore, sarebbe in atto, un «fumus persecutionis, che evidenzierebbe il dubbio che si voglia per via giudiziaria sbarrare la strada alla prosecuzione di un’azione politica e di governo, che vede in prima linea il Presidente Oliverio».


A nessuno sfiora il dubbio che si stia un pochino esagerando? Non intendiamo avventurarci in queste complesse valutazioni di tipo giuridico, a noi sembra, invece, che il nocciolo sia tutto politico e molto più semplice di quanto si pensi: questo presidente, la Giunta, e la relativa maggioranza hanno fallito, hanno fatto semplicemente cilecca. Tutto qua. Un saggio, avrebbe già tratto le giuste conclusioni. Un saggio, appunto.


Pasquale Motta

 

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