Tallini dice di aver scherzato, speriamo abbia scherzato anche in Consiglio regionale

Prendiamo atto di quello che sostiene il presidente del Consiglio rispetto a quanto scritto sulla collega Alessia Candito. Certo, avremmo gradito di più un gesto di scuse pubbliche, magari proprio dallo scranno sul quale è seduto

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di Pasquale Motta
4 giugno 2020
08:36
Fi, Domenico Tallini
Fi, Domenico Tallini

Prendiamo atto del fatto che il presidente del Consiglio regionale sostiene di aver scherzato rispetto a quanto scritto sulla collega Alessia Candito nel messaggio che mi aveva inviato via whatsapp, pur meravigliandosi, tuttavia, che io abbia reso pubblico un suo messaggio privato.

A tal proposito Domenico Tallini ci ha inviato sempre via whatsapp un messaggio che qui pubblichiamo e alleghiamo in basso. Vede, caro presidente, la difesa della dignità professionale dei colleghi che lavorano con me rappresenta per il sottoscritto valore irrinunciabile nell’esercizio della direzione della testata che mi onoro di rappresentare e, in generale, nell’esercizio del mestiere di giornalista, soprattutto, quando si tratta di difendere giovani professionisti che svolgono il loro lavoro con professionalità e con coscienza.

Questo valore irrinunciabile alla difesa della dignità e della libertà dei miei giovani cronisti, inoltre, diventa imperativo categorico quando a sferrare l’attacco è un esponente del potere. Di fronte a tutto ciò, mi creda, non può esistere nessun fatto pubblico o privato, come ha definito il messaggio che mi ha inviato, tra l’altro, Lei interveniva per redarguire o censurare un pezzo che la chiamava in causa (e non sarebbe la prima volta).

Mai e poi mai, avrei violato un colloquio privato se lei mi avesse confidato qualcosa che riguardasse la Sua sfera intima. In questa circostanza, invece, Lei accusava una mia giornalista, Alessia Candito, di averla esposta al punto da richiedere una scorta e, nello stesso messaggio, consigliava al sottoscritto di invitare la collega a sottoporsi ad una visita medica, in soldoni l’ha accusata di essere pazza. Accusa rivolta indirettamente anche al sottoscritto considerato che autorizzo i pezzi dei mie cronisti. E tutto ciò perché?

Semplicemente perché la collega aveva raccontato il potere scalcinato di questa sfortunata terra. Aveva posto domande. Ha sollevato dubbi. Semplicemente perché ha svolto il suo lavoro.

Un direttore che si rispetti poteva tacere di fronte alla più alta carica istituzionale che si esprimeva con quel tono verso una propria giornalista? E d’altronde quello che tutti noi abbiamo raccontato con trasmissioni, con articoli, con interviste, non doveva essere poi così falso, considerato che, ieri, un’intera assise, di maggioranza e di opposizione, vi siete dovuti cospergere il capo di cenere e abolire in blocco quell’obbrobrio legislativo che avevate partorito qualche giorno fa. Se tutto ciò è stato possibile, dunque, è solo grazie a quella stampa, a quei cronisti “pazzi” che, evidentemente, caro Presidente, spesso, le fanno venire l’orchite.

 


E tuttavia, i toni che hanno accompagnato il Suo gesto e quello del consiglio regionale, purtroppo, sono stati inversamente proporzionali alla scelta compiuta. Ancora una volta, infatti, per salvare una faccia perduta da tempo, Lei ha preferito rifugiarsi dietro all’attacco generalizzato verso la stampa. Ha preferito delineare complotti ai danni di una Calabria che, mi creda signor presidente, è solo nella sua testa. Ha preferito sviscerare la solita teoria del complotto “demo-pluto-giudaico-massonico”.

 

Quell’immaginario nemico di cui hanno bisogno le dittature per mantenere il consenso popolare intorno alle loro decisioni, denunciando l’esistenza di un gruppo, una società segreta che cospirerebbe contro l’integrità del popolo dominato dal “dittatore”. E, d’altronde, ogni forma di populismo, in questo caso anche un po’ cialtrone, cerca di ottenere il consenso parlando di una minaccia che viene dall’esterno.


Stendiamo, dunque, un velo pietoso sulle sue parole, e sullo stesso intervento di alcuni rappresentanti delle opposizioni come Callipo e Bevacqua, capogruppo del Pd, e prendiamo per buona l’affermazione nella quale dichiara di aver scherzato su Alessia Candito. La prendiamo per buona, anche se, avremmo gradito di più un gesto di scuse pubbliche alla collega, magari proprio dallo scranno più alto della presidenza del Consiglio regionale sul quale è seduto. Inoltre, ci auguriamo che abbia scherzato anche quando ha sostenuto che i giornalisti che hanno scritto su questa farsesca vicenda farebbero parte di un “cartello di sciacalli”. E ci auguriamo, altresì, che abbia scherzato quando, sempre nel corso del suo intervento in apertura del Consiglio regionale,  ha sostenuto che coloro che hanno criticato l’introduzione della legge, che vi siete precipitati ad annullare, siano “un giornalisti asserviti agli interessi del nord”.

Ci auguriamo che al più presto, Lei chieda scusa per le sue deliranti affermazioni e per le gravi e ingiuriosi insulti nei confronti di quella stampa che svolge il sacrosanto diritto costituzionale di informare l’opinione pubblica. Una volta per tutte abbia il coraggio di usare parole di verità, magari condite da un po’ di onestà intellettuale e chieda scusa, è evidente a tutti ormai, che il Consiglio regionale si sia riunito per abrogare una legge che aveva introdotto un principio vergognoso: la possibilità di concedere anche ad un consigliere regionale decaduto di costruirsi una pensione da consigliere regionale.

Lasci stare gli artefici dialettici con i quali ha cercato di spostare i termini della discussione, magari facendoci passare per coloro che non sanno leggere gli illuminati provvedimenti del consiglio regionale. Se la massima assise regionale si è rapidamente riunita per abrogare la legge approvata solo qualche giorno fa, ciò significa che la Stampa e, la nostra testata in particolare, avevano ragione. Nel dibattito che si è tenuto nel consiglio regionale, dunque, ci saremmo aspettati un bagno di umiltà. Una credibile autocritica. E, invece, abbiamo assistito solo al rovinoso tentativo di auto assolversi da parte di coloro che, a destra e a sinistra, avevano firmato e sostenuto l’impianto legislativo, e anche alla reazione scomposta a cui ci ha fatto assistere Lei stesso, esimio, Presidente.

Alla luce di tutto ciò, non vorremmo che si fosse convinto che per placare gli animi di una opinione pubblica inferocita di fronte a tanta vergogna, bastasse ostentare la sua zampata da leone ferito? Spero, infatti, che si renda rapidamente conto, invece, che la sua performance nel consiglio, si è rivelata, piuttosto, la maldestra mossa del coniglio che si è incastrato da solo nella tagliola del cacciatore.


Pasquale Motta

Il messaggio inviato da Tallini al direttore Motta

“Prendo atto che il Direttore Pasquale Motta ha reso noto una conversazione assolutamente privata su Whats App intercorsa tra me e lui dopo un articolo della giornalista Alessia Candito, in cui si sosteneva che fosse mia la ‘manina’ che ha presentato la legge oggi abrogata, su mia proposta e all’unanimità, dal Consiglio regionale. L’enormità dei riferimenti ascritti alla mia persona, in detto articolo, mi avevano spinto, in un primo tempo, a inviare, su suggerimento dello stesso Direttore, una replica estremamente garbata e tesa a chiarire la posizione distaccata che il Presidente del Consiglio ha tenuto sull’intera vicenda. Tale replica, tuttavia, con mia sorpresa, nonostante le rassicurazioni, prima è rimasta lettera morta e, successivamente, me la sono ritrovata in rete chiosata da un pesante commento della giornalista. A quel punto, senza alcuna acredine e nessun risentimento, non rispondendomi più Motta, ho ritenuto di poter chiudere la cosa trasmettendogli un messaggio inequivocabilmente ironico col quale definivo ‘requisitoria’ il commento della giornalista, in pericolo la mia vita tanto da dover chiedere la scorta e, scherzosamente, affetta da qualche grave pregiudizio la Candito, al punto da dover ricorrere ad un medico. Evidentemente, si è voluta attribuire alla polemica una pretestuosa gravità, non cogliendo, invece, il tono scanzonato e leggero del mio messaggio privato". Domenico Tallini.

 

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