Le inchieste di Gratteri dimostrano che Catanzaro “mafia-free” era solo una favola

L’azione del procuratore ha spazzato via la strumentale convinzione che il capoluogo regionale fosse al riparo dalla criminalità organizzata più pericolosa e invasiva

di Danilo Colacino
31 marzo 2021
14:37
Nicola Gratteri
Nicola Gratteri

L'oscura e a quanto pare dilagante ombra della 'ndrangheta sulla città dei Tre Colli. È il quadro che le recentissime, o un po' più risalenti nel tempo, operazioni di polizia - come ovvio promosse e coordinate dalla locale Procura con a capo il dott. Nicola Gratteri - ci restituiscono. Uno scenario a tinte fosche: desolante, sconfortante e soprattutto allarmante, che forse scopre l'acqua calda, come si suole dire nei casi dei cosiddetti segreti di Pulcinella, ma ugualmente meritevole di un'approfondita e attenta disamina.

Chi conosce un po' la storia giudiziaria di Catanzaro sa bene che la favoletta dell'isola felice, ovvero del territorio 'mafia-free', non regge. Così come non ha retto in passato. Basti pensare a qualche omicidio eclatante avvenuto negli anni Ottanta e Novanta, anche in noti e assai frequentati esercizi aperti al pubblico attivi in pieno centro storico. Malgrado l'assoluta gravità e tragicità dei fatti ricordati, però, nulla di paragonabile alle guerre, o quantomeno ai cruenti regolamenti di conti, che nell'ultimo ventennio del secolo scorso hanno lastricato di morti ammazzati le strade dei capoluoghi reggini, crotonesi, cosentini e vibonesi ma in particolare dei loro rispettivi hinterland oltre all'area lametina e soveratese, con fatti di sangue ahinoi entrati nella storia criminale per la loro inenarrabile efferatezza.


Capoluogo relativamente al riparo dalla nefasta pervasità 'dell'onorata società', dunque. Anzi, di sicuro lontano dagli agguati seriali in stile Far West. E comunque, secondo la vulgata, colonia delle sole 'ndrine isolitane rappresentate in loco da alcuni luogotenenti, figure peraltro di neppure grosso spessore malavitoso. Un'ipotesi totalmente destituita di fondamento o, forse, in buona parte esatta 35-40 anni fa.

E già, perché adesso il prezioso lavoro di un Magistrato con la M maiuscola come Gratteri sta portando alla luce la drammatica realtà di una città su cui hanno allungato i tentacoli non unicamente le cosche del crotonese, immancabili e molto presenti purtroppo, ma anche quelle del vibonese (da cui nascono filoni d'inchiesta che secondo noi rappresentano la chiave di tante trame occulte), del lametino e forse persino del reggino.

L'aspetto più inquietante è tuttavia rappresentato dalla rete di politici, imprenditori, professionisti di alto livello e funzionari pubblici, oltre addirittura ai neanche pochi membri delle forze dell'ordine corrotti, infiltrata prima e diffusamente metastatizzata poi da questo terribile cancro.

Basti considerare, a riguardo, due importanti cartine di tornasole. A cominciare dal fiorire di attività economiche, specialmente in talune zone gratificate da un'espansione almeno sospetta in un comune alle prese con una crisi profonda e annosa, e concludendo con il 'garantismo peloso' che emerge, scattando per ogni esponente della cricca attinto da provvedimenti giudiziari anche di una certa consistenza. Una solidarietà commovente, che denoterebbe un animo gentile e saldissimi principi democratici, se non fosse per la magagna. Quale? Semplice: la sua comparsa esclusivamente in favore di personaggi ricchi e potenti. E quindi mai, al contrario, manifestata per qualche 'Poveru 'Ntoni' (dicendola in 'slang catanzarese'), figlio di un Dio minore e pertanto invisibile agli occhi di tali sedicenti buoni samaritani.

di Danilo Colacino
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