2 giugno, Silvana Croce: «La Repubblica una conquista da custodire e coltivare»

VIDEO | Sedicenne nel 1946 l'ex dirigente del Partito Comunista, sindacalista ed ex presidente dell'Udi, ricorda l'impegno referendario e per le donne profuso a Reggio Calabria dalla madre Rita Maglio.

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di Anna Foti
2 giugno 2021
18:18

«Quando mia madre, Rita Maglio, che per quel diritto e per la Repubblica si era spesa, il 2 giugno del 1946 andò a votare per la Repubblica, io avevo sedici anni. Rispetto alle mie coetanee, tuttavia mi ero sempre nutrita di politica, avevo imparato ad ascoltare la gente e a prendere in carico le difficoltà delle persone più ai margini. Casa mia, durante la guerra e la dittatura, era stata frequentata da antifascisti. Io non potevo ancora votare ma lo avrei fatto dopo alcuni anni e avrei anche seguito le orme di mia madre abbracciando convintamente la militanza politica comunista e l'impegno nell'Udi». Questa è la testimonianza preziosa di Silvana Croce, nata nell'Italia Fascista ma figlia di quella Repubblica che sua madre, Rita Maglio contribuì a conquistare.

La campagna referendaria delle donne

In questa giornata di Memoria della nostra Storia, Silvana Croce ricorda i passi compiuti verso quel traguardo così necessario, così importante e per nulla scontato. Ricorda i comizi durante i quali la madre parlava alla gente, stimolando quei sentimenti repubblicani che a Reggio, tuttavia non avrebbero avuto la meglio. «A Reggio vinse la Monarchia e quando, al seguito di mia madre, giravo per tutta la Provincia da Reggio fino a Locri e Palmi, passando per Siderno, Taurianova e Bagnara, per la campagna referendaria e per invitare le donne al voto repubblicano, toccavo con mano tanto le rovine e la disperazione seminate dalla guerra quanto il radicamento del sentimento monarchico e la riverenza di cui ancora godeva il Re. Ricordo anche che dopo la proclamazione della Repubblica, ci fu a Reggio una festa alla quale seguì una contromanifestazione dei monarchici a piazza Camagna, con qualche ferito», ha raccontato Silvana Croce, poi divenuta di casa presso la storica sede di piazza Castello del partito Comunista a Reggio Calabria.


Il suo impegno intenso e appassionato mosse i primi passi dalla Federazione Giovani Comunisti e dall'associazione Ragazze Italiane, che frequentò da giovane con la staffetta partigiana Anna Condò,e proseguì nel partito Comunista per poi approdare al sindacato ma soprattutto all'Udi, Unione Donne Italiane che sua madre Rita Maglio aveva fondato a Reggio.


«Fu anche un voto per consolidare la Pace»

Sulle orme materne, infatti, fu a lungo presidente dell'Unione Donne Italiane che in quel frangente storico si poneva a livello nazionale come maggiore organizzazione femminile di promozione politica, sociale e culturale e che proprio da Reggio iniziò il suo cammino in Calabria già dal 1944, con attività a sostegno ai più vulnerabili, ai reduci, alle famiglie e ai bambini piegati dalla guerra e dalla miseria. Una sensibilità politica e sociale che Silvana Croce aveva certamente affinato fin da giovanissima quando con sua madre girava casa per casa, quartiere per quartiere, paese per paese, quando l'ascoltava parlare con la gente e quando con lei prendeva in carico disagi e situazioni di difficoltà per aiutare chi più aveva bisogno. «È giusto festeggiare questa giornata, ma è necessario contestualizzarla in un momento in cui i segni della guerra, dell'occupazione, il fragore dei bombardamenti del 1943 e la morte che essi portarono dentro le case ancora bruciavano non solo nella memoria della gente ma soprattutto in un presente di stenti, fame, paura, povertà e assenza di lavoro. C'era uno Stato da rifondare e la speranza era che fosse uno Stato Democratico che consentisse anche a quella Pace di essere mantenuta e consolidata. Per questo la Repubblica era la scelta da compiere e per questo fu scelta», ha sottolineato Silvana Croce.


Ricchi di riferimenti alle condizioni di indigenza che spingevano reduci ed ex partigiani, in cerca di dignità attraverso il lavoro, nelle piazze per rivendicare una qualche possibilità di miglioramento, sono i resoconti del Questore dell'epoca del fondo della Prefettura custoditi nell'archivio di Stato di Reggio Calabria.


«Mia madre, Rita, attivista lungimirante e appassionata»

Eletta nel 1956 consigliera comunale di Reggio Calabria, fu la prima donna del partito Comunista a conquistare uno scranno nell’Assise cittadina. Rita Maglio seppe inquadrare, con dolcezza e fermezza, il suffragio universale, il miglioramento delle condizioni di vita e lavoro delle raccoglitrici di olive della Piana di Gioia Tauro, la parità salariale e il diritto all’alfabetizzazione dei minori e dei reduci, nella prospettiva lungimirante di una società in cui l'Uguaglianza e la Giustizia sociale fossero il solo viatico per la Libertà.

Alla sua passione politica e civile oggi si ascrive l’organizzazione clandestina a Reggio Calabria, unitamente ad altri, del partito Comunista italiano. La sua storia si inserisce nella grande storia della Resistenza, dell’Antifascismo, della nascita della Repubblica e del partito Comunista italiano, del preludio del Femminismo del Dopoguerra in Italia: tutto condensato nella figura di un’educatrice indimenticata che seppe trasmettere i valori della Libertà e dell’Indipendenza in un momento storico in cui il retaggio patriarcale era forte e profondamente radicato, potremmo dire granitico e indiscutibile.

2 giugno 1946, il primo voto politico delle donne in Italia


Il passaggio epocale dalla Monarchia alla Repubblica dello Stato Italiano fu frutto del Suffragio Universale. Dopo il voto amministrativo, il primo voto politico delle donne fu espresso in occasione dello storico referendum Monarchia - Repubblica del 2 giugno 1946. In quell’occasione furono anche eletti i padri e le madri costituenti che avrebbero da lì ad un anno e mezzo scritto la Costituzione Italiana - fonte superprimaria del nostro ordinamento giuridico e scrigno di valori identitari della nostra cultura – entrata in vigore il 1 gennaio 1948. Con un’affluenza che per un soffio non toccò il 90 %, in Italia scelsero la Donna Turrita oltre 12 milioni (12 717 923) di italiane e italiani. Una percentuale che di poco superò il 50% dei voti validi. Per la Monarchia a sbarrare sulla scheda elettorale lo Stemma sabaudo furono poco più di 10 milioni (10 719 284) di italiane e italiani. Furono poco meno di 13 milioni su quasi 25 milioni di votanti, gli uomini e le donne che, chiamati a scegliere tra Monarchia o Repubblica, affidarono a quest’ultima forma di governo il destino di un paese, l’Italia, ancora profondamente segnato dal dramma della guerra, della dittatura, dell'occupazione e dalle spaccature che il Secondo conflitto mondiale aveva generato.
Il 10 giugno 1946, dopo 85 anni di Regno d'Italia (Umberto II di Savoia fu l’ultimo monarca), la corte di Cassazione dichiarò la nascita della Repubblica Italiana, il cui primo giorno fu proprio l’11 giugno.

In quella stessa occasione, su 556 componenti dell’Assemblea Costituente, furono anche elette 21 donne (soltanto poco più del 3%), di cui nessuna calabrese. In occasione del primo Parlamento della Repubblica, eletto il 18 aprile 1948, le donne elette raggiunsero appena la soglia del 5%. Appena 49 su quasi mille parlamentari. Tra loro Nilde Iotti, futura prima presidente della Camera eletta nel 1979, Lina Merlin, promotrice dell’omonima legge sulla Prostituzione, e Angela Maria Cingolani Guidi, prima sottosegretaria di Stato, nominata nel 1951 per il Ministero dell’industria e del commercio del VII Governo De Gasperi.

«Sia quella di oggi anche una giornata di riflessione poiché nulla di conquistato resta per sempre se non lo si coltiva, se non lo si difende, se non lo si porta a maturare e a progredire. Le donne hanno in questi 75 anni di Repubblica hanno compiuto tanti passi in avanti, raggiungendo spazi fino a qualche tempo fa impensabili, tuttavia non bisogna fermarsi. Ancora tanto c'è da fare. La Repubblica è stata una conquista che sta a noi portare avanti, sempre più avanti, affinché i suoi principi e i suoi valori, poi consacrati nella Costituzione, siano pienamente attuati e consolidati nella vita di tutta la cittadinanza, senza esclusione alcuna», ha concluso Silvana Croce.

 

Giornalista
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