Luce nel buio

In Ucraina la guerra non spegne il Natale, dalla Calabria il racconto di Lena: «Nella mia Kharkiv una luce di speranza»

La donna ucraina, guarda alla sua città di origine bombardata. Sotto tiro anche la piazza Libertà, una della più grandi d'Europa, dove fino allo scorso dicembre veniva allestito un imponente albero durante le feste. La comunità non rinuncia a guardare oltre e illumina la vicina stazione sotterranea della metropolitana

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di Anna Foti
25 dicembre 2022
19:30
Palazzo del Municipio in piazza della Libertà a Kharkiv dopo i bombardamenti (foto di Zoya Sayenko)
Palazzo del Municipio in piazza della Libertà a Kharkiv dopo i bombardamenti (foto di Zoya Sayenko)

La devastazione per le strade e le luci sottoterra. Il Natale è il momento dell'anno in cui il desiderio di speranza si accende come in nessun altro momento, anche e soprattutto in tempo di guerra. La comunità di Kharkiv, le seconda più grande dell'Ucraina dopo Kiev, non rinuncia alla tradizione di allestire l'albero di Natale e il villaggio di luci in un luogo rappresentativo.

Quest'anno quel luogo non è quello di sempre, ossia la piazza della Libertà, ma è un luogo più raccolto e nascosto dove comunque stringersi e ritrovarsi, nonostante il conflitto che ormai imperversa da quasi un anno.


Così, invece di piazza della Libertà, davanti alla sede bombardata del Municipio, il Natale è vivo nella vicina stazione sotterranea della metropolitana. In corrispondenza della fermata Università. Scendendo le scale ecco lo scenario al quale la città di Kharkiv non ha inteso rinunciare.

Lì ad alcuni metri sotto il livello della strada, un altro volto della resistenza del popolo ucraino in questo tempo duro e assai cupo. Un volto luminoso in vista del Capodanno e del Natale ortodosso la cui data ufficiale è quella del 25 dicembre, da quando oltre un secolo fa il patriarca ha aderito al calendario gregoriano. Tuttavia la data storica del 7 gennaio è rimasta nel cuore degli ucraini che per secoli, con l'intera comunità ortodossa oggi su questo non più unanime, hanno seguito il calendario giuliano.

Così, sfidando la guerra, anche a Kharkiv la luce trova spazio per irradiarsi. Un segno di speranza per guardare oltre questo conflitto che ha segnato i trecento giorni. Nel febbraio dello scorso anno la Russia ha attaccato l'Ucraina popolata da una grande comunità di russofoni. Lo ha fatto pretendendo con la forza delle armi e la violenza delle bombe di conquistarla e di privarla dell'autonomia di stato sovrano e indipendente. Un anno di bombardamenti e di terrore. Adesso tante persone non ci sono più e anche la visione delle comunità russofone in Ucraina non è più così salda e omogenea.  

Le luci su Kharkiv

«Sono in Calabria ormai da tanti anni ma prima della guerra, spesso sceglievo il Natale per tornare nella mia Kharkiv. Desideravo rivivere quell'atmosfera magica, vedere la neve e sentire quel freddo dei gradi sottozero che invece scalda il cuore, accendendo i miei ricordi. In quella piazza della Libertà vestita a festa mi recavo con mia figlia piccola, oggi una donna. Tutto questo ritrovavo quando tornavo. Lì fino allo scorso anno, già in questo momento, svettava un albero bellissimo.

Alle sue pendici le persone pattinavano sul ghiaccio, circondate da chioschi natalizi. La metropolitana funzionava tutta la notte per consentire alle persone di raggiungere la piazza per festeggiare il Natale e il Capodanno. La nostra festa era, e speriamo tornerà presto ad essere, ritrovarsi insieme fuori per stappare una bottiglia di spumante», racconta Lena che da lontano, dalla Calabria, guarda alla sua Kharkiv con nostalgia, dolore e preoccupazione.

«Quella piazza è stata sempre un punto di ritrovo in città dove, fino al suo abbattimento nel 2014, insisteva una grande statua di Lenin. Accanto a essa c'è il grande parco intitolato alla memoria dello scrittore e poeta ucraino dell'Ottocento, Taras Shevchenko. Un luogo di grande attrazione, in cui ritrovarsi e dove fino a quando l'albero di Natale, tra i più belli e attesi del paese, non veniva allestito, non sembrava che fosse Natale a Kharkiv. Se anche quest'anno l'albero fosse stato eretto in quella piazza, certamente sarebbe stato bersaglio delle bombe russe che lo avrebbero abbattuto per colpire il cuore della nostra comunità. Per questo è stato deciso di ricreare l'atmosfera in un luogo più protetto e nascosto, in qualche modo anche più intimo», racconta ancora Lena.

Il nostro Natale per resistere e sperare

«Un bellissimo albero di Natale, luminarie e addobbi perché la speranza che questa guerra finisca e che l'Ucraina vinca è davvero più forte di tutto. Le luci di Natale ostinatamente si accendono proprio in un luogo rappresentativo per l'importanza della nostra città che, con 45 università, è polo di notevole importanza frequentato da tanti giovani.

La nostra storia non può essere cancellata, neanche dai russi, che fino a ieri credevamo fossero i nostri fratelli e che invece oggi ci bombardano, ci lasciano al gelo, distruggono i nostri luoghi, mettono a rischio la vita dei nostri cari. Adesso che i bombardamenti sono un pò diminuiti sul centro della città, mia madre ultrasettantenne, dopo un periodo trascorso da alcuni parenti, è tornata nella sua casa a Kharkiv. Nei giorni scorsi è rimasta a lungo senza elettricità e la casa senza riscaldamento. Fortunatamente la temperatura interna non si è abbassata di colpo, rendendo sopportabile giornata di inverno ormai rigido. Un inverno appena iniziato e che metterà a dura prova il popolo ucraino.

La comunità è attiva e resiste. Lo ha fatto anche nei giorni scorsi, ripristinando la corrente e i riscaldamenti dopo il blackout e alleviando così i disagi dovuti alla temperatura di zero gradi sottozero fuori. Una temperatura rigida destinata ad aumentare con l'avanzata dell'inverno», racconta ancora Lena.

«Ci sentiamo traditi dai russi»

«Questa guerra ha cambiato la mia visione delle cose. Pensando a cosa i russi sono stati capaci di farci, adesso in tanti desideriamo che l'Ucraina vinca. Non esiste giustificazione per questi bombardamenti. Nessuna giustificazione. Tante persone non ci sono più, tante sono rimaste mutilate. Storie di dolore che fanno vedere le cose da un altro punto di vista: questa è una guerra contro il popolo ucraino con lo scopo di annientarlo. Ci sentiamo traditi dai russi che hanno dimenticato quanto noi ci sentissimo vicini a loro. Nulla ormai tornerà più come prima. Mia madre come tante persone non può uscire di casa, non può andare in ospedale per curarsi, deve temere per la sua vita. Non è accettabile. Tante persone, che parlavano il russo come lingua madre adesso imparano l'ucraino. Anche parlare russo è un'offesa dopo quello che questa guerra ha generato. Tutto sarà diverso», conclude Lena.

 

Foto di Viktor Siviy e Zoya Sayenco

 

 

Giornalista
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