Lsu-Lpu, Oliverio si ribelli a Roma e costringa i deputati a dire con chi stanno!

L'attuale Premier è noto per essere uno spergiuro, un traditore, uno che dice, sostiene o si impegna per una cosa, per fare poi l’opposto.
di Pasquale Motta
28 luglio 2015
09:11

Nel PCI i territori non venivano mai attaccati in maniera frontale. Eppure i dirigenti romani avevano la statura di Togliatti, di Amendola, di Colaianni, di Pajetta, di Ingrao che, con tutto il rispetto dei Renzi, delle Boschi, dei Lotti, delle Picierno o dei Del Rio di turno della decadente e squallida stagione politica della sinistra italiana, avevano tutt’altra autorevolezza e credibilità. Quei dirigenti inoltre, avevano una grande virtù: mantenevano la parola data. Una virtù completamente priva del DNA degli attuali rottamatori di prima, seconda o ultima ora. L'attuale Premier è noto per essere uno spergiuro, un traditore, uno che dice, sostiene o si impegna per una cosa, per fare poi l’opposto. Nelle epoche passate la capacità del mantenimento della parola data caratterizzavano lo spessore e il prestigio dell'uomo: "le do la mia parola", una frase che spesso era molto più solenne e impegnativa di un sigillo notarile. A cavallo tra la primavera e l’autunno scorsi, Matteo Renzi, si è precipitato per ben tre volte in questa regione per lanciare una stagione nuova. Ve lo ricordate atterrare a Scalea e poi alla vigilia di ferragosto a Reggio Calabria e ancora, approdare in aiuto di Mario Oliverio a Cosenza? Cosa hanno prodotto quelle visite sul piano concreto, al di la degli slogan coniati all’occorrenza da Ernesto Magorno? Nulla mischiato col niente. Renzi ha dato la sua parola ai suoi colleghi di partito, alle rappresentanze istituzionali e ai calabresi. Per ben tre volte. Poi ha marciato nella direzione opposta. Tutto lasciava ipotizzare per esempio, che Renzi nominasse Oliverio commissario alla Sanità e invece poi, è arrivato un commissario plurindagato e lobbista come l’ing. Massimo Scura. E poi il porto di Gioia Tauro, affidato ad un capitano di Corvetta invece che a un manager, con il chiaro obiettivo di farlo diventare una dependance del porto di Messina. E poi c’è la questione lavoro. L’ultima beffa, l’ennesima, di qualche ora fa, è la norma che riguarda gli LSU-LPU, una norma che non prevede aggravio di costi ma è puramente autorizzativa alla cumulabilità delle risorse ministeriali con i 38 milioni messi a disposizione dalla Regione Calabria». Non ammessa al Senato. Fanno bene i sindacati quando parlano di «ennesimo atto di ostracismo nei confronti della Calabria e dei calabresi da parte di un governo irresponsabile, che sin dal primo Consiglio dei ministri (inspiegabilmente) ha volutamente "stralciato" la norma che avrebbe consentito la continuità dei rapporti di lavoro ed il regolare pagamento dei lavoratori». Si può continuare ad eludere, a questo punto, una semplice domanda: il governo Renzi, è un governo amico della Calabria, oppure e' invece un governo ostile istituzionalmente e politicamente a questa regione? Personalmente protendo per la seconda ipotesi, ma la mia ipotesi per quanto realistica e' alquanto relativa. Questione meno relativa e', a questo punto, la posizione dei dirigenti regionali e nazionali del PD. I calabresi  voteranno la fiducia in assenza di un provvedimento a favore degli LSU-LPU? Sono mesi che da questa testata poniamo questo interrogativo. Forse qualcuno ha dimenticato che nella segreteria nazionale del PD siede una Parlamentare calabrese, Stefania Covello, ci piacerebbe molto sapere, se l'on. Covello, abbia avuto modo di discutere questa vicenda in seno alla segreteria nazionale di quel partito e se ritiene, magari, di doversi dimettere da quella funzione, in conseguenza dell'atteggiamento assunto dallo stato maggiore renziano verso la vita e la dignità di 5000 lavoratori calabresi. Un quesito che proponiamo a tutta la delegazione parlamentare calabrese. Purtroppo siamo sicuri, così come è stato per altre questioni, che i suddetti parlamentari rimarranno in silenzio. E comunque, a parte il “silenzio coraggioso” della delegazione parlamentare calabrese, la questione politica rimane tutta. A questo punto non v’è dubbio che, l’onere della risposta, non può che essere tutta in capo al Presidente della regione. Spesso Oliverio si è trincerato nel formula politichese: “della corretta collaborazione con il governo nazionale” che più o meno corrisponde alla più popolare formula "tutto va bene Madama la Marchesa" e che tradotto vuol dire che non va bene una beata mazza, per dirla all'Albanese. Stavolta però, le condizioni politiche sono radicalmente cambiate, o Mario Oliverio reagisce, oppure è la fine della sua parabola nella storia del regionalismo calabrese. Pochi giorni fa, nella manifestazione contro le trivellazioni nello Ionio, qualcuno è arrivato a spingersi fino all’eventualità che le Regioni interessate al problema, possano proporre alle delegazioni parlamentari delle rispettive regioni di staccare la spina al governo per bloccare l'autoritarismo renziano sulla scelta di trivellare lo Ionio. Una ipotesi certo, tuttavia, un'ipotesi politica suggestiva e da tenere in considerazione e non solo per la questione trivelle. Il Presidente Oliverio, a questo punto, se vuole evitare il logoramento a cui è sottoposto da mesi dalle scelte romane, non ha altra scelta che mettersi alla testa del suo popolo che reclama lavoro, una giusta sanità, un necessario sviluppo. Solo mettendosi alla testa di un grande movimento di popolo per il lavoro in questa regione e chiamando a raccolta i sindacati, le università, le forze politiche, sociali, culturali ed economiche impegnate su questo fronte, potrà convincere e costringere Renzi ad assumersi le sue responsabilità verso la Calabria. In Calabria stanno per esplodere bombe sociali ad orologeria, il rischio è che, queste bombe, esplodano nelle mani del presidente della Calabria, invece, bisogna portarle a Roma, sotto Palazzo Chigi affinché vibri la poltrona sotto il sedere a chi pensa che, per mantenere il potere basta avere dalla propria Verdini, e non i disoccupati e i lavoratori della Calabria, della Basilicata e della Puglia. L’atteggiamento pilatesco di Renzi che scarica le responsabilità delle emergenze sociali sui comuni e sulle regioni, dopo averle prodotte con tagli indiscriminati, è intollerabile. Roma e Sicilia, dovrebbero insegnare qualcosa. A breve, Renzi, Maestri e Fratelli di merende metteranno mano al titolo V della Costituzione con l’obiettivo di svuotare le regioni di ogni autonomia. Il disegno è evidente: prima screditare (rimborsopoli e sprechi), poi delegittimare (Crocetta e le intercettazioni) e poi colpire nella più completa indifferenza, se non ostilità, dell’opinione pubblica. D’altronde, se così non fosse, come si spiega che, un grande denigratore a pagamento, Gian Antonio Stella del Corriere della Sera, abbia preferito soffermarsi sul presunto “scandalo” dell’assunzione di un povero reporter all'ufficio stampa di Oliverio piuttosto che, per esempio, denunciare l’anomalia di un pluriindigato mandato a gestire le miliardarie risorse della Sanità calabrese e prorogato fino al 2018? Oliverio decida presto quale strada perseguire, il tam tam che sostiene che Roma vorrebbe arrivare alle elezioni politiche senza l’impiccio della Giunta Oliverio, è sempre più forte e, forse, sempre più credibile.

Pasquale Motta


 

 

Giornalista
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