Lamezia, Minniti: «Condizionamenti con fini non istituzionali. Necessario l'intervento dello Stato»

Il ministro dell'Interno nella relazione consegnata al presidente della Repubblica e basata sul lavoro d'indagine della commissione di accesso agli atti inquadra punto per punto l'amministrazione comunale lametina appena sciolta e parla di ingerenze della criminalità organizzata
di Tiziana Bagnato
16 dicembre 2017
22:12
Comune di Lamezia
Comune di Lamezia

«Le vicende analiticamente esaminate e dettagliatamente riferite nella relazione del prefetto di Catanzaro hanno rivelato una serie di condizionamenti nell'amministrazione comunale di Lamezia Terme, volti a perseguire fini diversi da quelli istituzionali, che hanno determinato lo svilimento e la perdita di credibilità dell'istituzione locale, nonché il pregiudizio degli interessi della collettività, rendendo necessario l'intervento dello Stato per assicurare il risanamento dell'ente».

 


Il ministro Marco Minniti non va per il sottile, nella relazione consegnata al presidente della Repubblica che accompagna il decreto di scioglimento dell’amministrazione della città della Piana, conclude così le sue quattro pagine di analisi, dati, incroci, confronti, basati sul lavoro della commissione di accesso agli atti e sulla relazione del Prefetto di Catanzaro Luisa Latella.


Il Comune di Lamezia «presenta forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata che compromettono la libera determinazione e l'imparzialità degli organi elettivi, il buon andamento dell'amministrazione ed il funzionamento dei servizi, con grave pregiudizio dell'ordine e della sicurezza pubblica», spiega il ministro.

 

La campagna elettorale e le ombre su consiglio e giunta

E’ l’operazione Crisalide, che il 23 maggio scorso, smembrò le cosche Cerra-Torcasio- Gualtieri quella che  ha messo sotto i riflettori il Comune, ma non è la sola. Nelle fitte maglie dell'inchiesta, lo ricordiamo, finirono il vicepresidente del Consiglio comunale Giuseppe Paladino e l'ex candidato a sindaco Pasqualino Ruberto.

 

Le indagini svolte dalla commissione d’accesso agli atti, ricorda Minniti, e riportate nella relazione finale del prefetto di Catanzaro Latella, avrebbero messo a fuoco la concomitanza di elementi affini con i due precedenti scioglimenti. «Fonti tecniche di prova hanno attestato come la campagna elettorale per il rinnovo degli organi elettivi sia stata caratterizzata da un'illecita acquisizione dei voti che ha riguardato, direttamente o indirettamente, esponenti della maggioranza e della minoranza consiliare – si legge «E' inoltre stata rilevata una sostanziale continuità amministrativa, atteso che molti degli attuali amministratori hanno fatto parte, a diverso titolo, della compagine eletta nel 2010. Ulteriore rilevante elemento che evidenzia un contesto ambientale compromesso è rappresentato dalla sussistenza di cointeressenze, frequentazioni, rapporti a vario titolo tra numerosi componenti sia dell'organo esecutivo che di quello consiliare con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata». Nella relazione è scritto che un consigliere comunale e il coniuge sono indagati per diversi reati tra i quali quello di bancarotta fraudolenta, quest’ultimo sarebbe stato commesso insieme a un libero professionista in stretti rapporti d'affinità con una dipendente comunale.

Gli incarichi legali del sindaco Mascaro

Ci sono poi gli incarichi legali dell’ex sindaco Paolo Mascaro. «Solo a marzo e maggio 2016, a seguito della costituzione di parte civile del Comune nei processi, il primo cittadino ed il vice sindaco hanno rinunciato all'incarico di difensori di esponenti della criminalità organizzata e il mandato conferito al sindaco è stato assunto da altro professionista in stretti rapporti di affinità con il primo cittadino».
Per il prefetto sarebbe evidente «l'intricata rete di rapporti e cointeressenze tra amministratori e soggetti con precedenti penali», e «un diffuso quadro di illegalità, in diversi settori dell'ente che, unitamente ad un generale disordine amministrativo, si sono rilevati funzionali al mantenimento di assetti predeterminati con soggetti organici o contigui alle organizzazioni criminali egemoni ed al consequenziale sviamento dell'attività di gestione dai principi di legalità e buon andamento».

Il bene confiscato dato ad una cooperativa sotto indagine


In merito poi all’affidamento ad una cooperativa di un bene confiscato per 15 anni, il ministro, basandosi su quanto rilevato dalla commissione di accesso, parla di «una cooperativa pressoché inattiva da tempo perché sottoposta ad indagini per indebite percezioni di erogazioni pubbliche» e di «criticità nella procedura di assegnazione del bene, in particolare, ha evidenziato che dall'esame della determina di affidamento non emerge lo scopo sociale perseguito dalla cooperativa né le finalità di utilizzo dell'immobile. Ulteriori circostanze anomale di tale vicenda sono rappresentate dal fatto che alla procedura di assegnazione ha partecipato la sola cooperativa che ha poi ricevuto il bene in concessione, cooperativa che, dai controlli effettuati, non garantisce alcuna affidabilità gestionale atteso che, sono risalenti nel tempo, gli ultimi bilanci di esercizio e le altre dichiarazioni contabili».Il documento parla anche di «mancanza di requisiti minimi morali da parte dei soci e degli amministratori, in particolare due dei soci sono gravati da pregiudizi di natura penale ed uno di essi è riconducibile ad esponenti della criminalità organizzata».

  Il sistema degli appalti 

C’è poi il sistema della concessione degli appalti che avrebbe permesso di eludere le norme antimafia. Il lavoro effettuato dalla commissione antimafia avrebbe individuato, secondo quanto scritto sulla relazione la messa a regime di un sistema che, oltre a permettere l’aggiudicazione degli appalti sempre alle stesse ditte, avrebbe permesso a queste di recuperare il ribasso delle opere e dei servizi e «di eludere le disposizioni in materia di informazioni antimafia». Ma non solo, in questo ambito il Comune non avrebbe «posto in essere alcuna preventiva forma di programmazione né alcuna attività di controllo nella fase di esecuzione delle opere dei servizi».

 Il servizio mensa ad una ditta oggetto di interdittiva antimafia

Nel mirino anche l’affidamento del servizio di mensa scolastica. Per la commissione di accesso agli atti la vicenda mostrerebbe ombre sia in sede di nomina e sostituzione dei componenti la commissione giudicatrice sia in ordine alle modalità di valutazione delle offerte. In particolare, viene evidenziato che il socio di maggioranza della ditta, che già si era occupata del servizio nel triennio precedente, «è gravato da precedenti penali. L'impresa nell'aprile 2017 è stata destinataria di certificazione interdittiva antimafia emessa dal prefetto di Catanzaro a seguito della quale l'ente nel mese di maggio ha revocato l'affidamento».

Gli affidamenti diretti del verde pubblico 


Anche il settore della gestione del verde pubblico non avrebbe funzionato in modo trasparente. Tanti gli affidamenti diretti fatti sulla base di «infondati motivi di urgenza». «Nel 2016/2017 l'ente – si legge - frazionando le prestazioni e le relative spese in elusione della normativa di settore, ha permesso ad una cooperativa, in via esclusiva o in associazione con altre imprese, di essere destinataria di più affidamenti e successive proroghe». In sostanza, l’amministrazione «anziché procedere alla dovuta pianificazione e programmazione degli interventi manutentivi e porre in essere un'unica gara, al fine di garantire un servizio omogeneo e costante, ha ripetutamente fatto ricorso all'istituto dell'affidamento diretto attraverso singole determine alcune delle quali prive della corretta identificazione del luogo ove effettuare la manutenzione ed altre addirittura mancanti del periodo di durata della prestazione del servizio».

 Gli appalti pubblici e i rari casi di gare ad evidenza pubblica

Nelle procedure di appalto dei lavori pubblici, «le verifiche disposte hanno evidenziato che l'ente, anche nei rari casi in cui ha provveduto ad aggiudicare lavori mediante procedure di evidenza pubblica, ha poi affidato alle imprese aggiudicatarie ulteriori lavori anche in altra tipologia». «Emblematico in tal senso – è scritto nel documento – si è rivelato l’esame di due determine dirigenziali con la prima delle quali il decoro del verde pubblico è affidato con un importo di 160mila euro alla cooperativa facente parte di una Ati e, solamente quattro mesi dopo, lo stesso servizio è nuovamente affidato alla stessa Ati per un importo di 50mila euro».

La manutenzione stradale e gli affidamenti fuori norma

Nel caso della manutenzione delle strade comunali, sarebbe avvenuto il primo affidamento per avviso pubblico ma ne sarebbero seguiti altri alla stessa ditta diretti, con importi superiori a quanto previsto dalla normativa comunitaria. Anche in questo caso sarebbe stata individuata una ditta aggiudicataria il cui titolare sarebbe «persona gravata da numerose segnalazioni all'autorità giudiziaria per diverse fattispecie di reato ed ha rapporti di frequentazione con soggetti riconducibili alla locale criminalità organizzata e che alcuni dipendenti dell'impresa sono indagati per indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato».

 

Tiziana Bagnato

Giornalista
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