Nel Pd calabrese inizia la resa dei conti: i dissidenti provano a stanare Magorno

Naccari Carlizzi, Guerriero, Soriano, Vallone e Gelsomino puntano il dito contro la leadership regionale e nazionale chiedendo un cambio di passo e annunciando un’iniziativa a fine mese
di Enrico De Girolamo
6 marzo 2018
12:08

L’avevano promesso: «Dopo le elezioni faremo i conti». E ora, i dissidenti del Pd calabrese, ci provano a farli questi conti, ma rischiano ancora una volta di rimbalzare contro il muro di gomma che il segretario regionale del partito, il silente e neo senatore Ernesto Magorno, sembra aver alzato intorno al suo fortino post elettorale. Intanto, però, Demetrio Naccari Carlizzi, Fabio Guerriero, Stefano Soriano Marco Vallone, Clelio Gelsomino, che alla vigilia delle elezioni avevano criticato duramente la candidatura dello stesso Magorno («Premiato per cosa?», chiesero), si portano avanti con il lavoro e lanciano il primo attacco.

 

La genesi della sconfitta

«La drammatica sconfitta che noi democratici abbiamo subito - scrivono in una nota - è il risultato naturale di un’azione politica segnata da errori spiegabili solo con la distanza siderale che i nostri dirigenti di partito, tutti governanti in ambito nazionale e regionale, hanno interposto tra la politica e la società. In Calabria, come nel resto del Mezzogiorno allargato (che ormai ricomprende gran parte del centro Italia), abbiamo assistito ad un fenomeno nuovo: il fallimento dei diritti sociali e dei diritti civili».


 

I limiti del Pd calabrese

È lungo l’accenno che i dissidenti fanno alla genesi della sconfitta. E se parte da lontano affrontando i massimi sistemi delle presunte politiche di sinistra in Italia, si concentra poi sulla Calabria «mal rappresentata ad ogni livello», affermano. «E infatti – proseguono - l’assenza di una risposta in tempi accettabili ai bisogni di vita ha fatto esplodere i cinquestelle bravi elencatori dei problemi e portatori di soluzioni semplicistiche, irrealizzabili ma comprensibili. La ripresa di un fenomeno migratorio senza precedenti, la conseguente lacerazione di interi nuclei familiari, l’aumento dei viaggi della speranza in sanità, han fatto sì che anche in assenza di una vera proposta i cittadini scegliessero l’incerto rappresentato dai cinquestelle al cospetto di un ceto parolaio ed inconcludente, i partiti tradizionali».

 

Viva Viscomi!

Dal calderone delle cause della débâcle tirano fuori solo Antonio Viscomi, eletto alla Camera: «Le proposte elettorali del Pd calabrese, con le dovute e lodevoli eccezioni a cominciare dal Prof. Viscomi, sono state incoerenti e improbabili, alle volte da lasciare allibiti per l’irresponsabilità dei metodi e i criteri di composizione delle liste».

 

L'ennesimo appello al cambiamento

Quindi, l’ennesimo appello al cambiamento: «Il Pd a questo punto deve cambiare veramente, ha bisogno di riscoprire il modello di partecipazione originario e deve produrre una piattaforma programmatica che sia frutto dei reali bisogni dei cittadini e realizzarla con chi ha competenze amministrative. Le nostre, ancora tante, amministrazioni – continuano - per non essere travolte dal populismo, vincente sulla nostra inattività, devono immediatamente ristabilire una comunicazione e un rapporto immediato con gli elettori e con il governo regionale per riprendere ad essere un riferimento certo e di servizio per i cittadini e per ricollegare i sindaci all’ente regione. Ente dove spesso si privilegia la fedeltà alla competenza e l’appartenenza alla proposta».

 

Bandita la parola dimissioni, ma il senso è quello

Non chiedono esplicitamente le dimissioni di Magorno da segretario regionale, preferendo puntare sui contenuti dell’azione politica nel breve e medio periodo e annunciando una conferenza programmatica per fine mese. Forse consapevoli che una richiesta di dimissioni cadrebbe per l’ennesima volta nel vuoto, tanto più che il leader regionale del partito, che ancora non è intervenuto sull’esito delle elezioni, si muoverà nel solco tracciato dal leader nazionale, Matteo Renzi, posticipando il più possibile eventuali passi indietro.
«Quando mancano meno di 18 mesi dalla conclusione della finora non brillante esperienza regionale, riteniamo si possa e si debba cambiare passo. L’uomo solo al comando è un modello superato ed inadeguato - concludono -. L’individuazione di 4 o 5 temi caratterizzanti la conclusione della legislatura devono essere l’elemento condiviso intorno al quale si ricostruisce la credibilità della politica e del Pd. Con queste idee ci faremo promotori a fine mese di un’iniziativa programmatica diffusa e condivisa e che dovrà trovare ascolto in chi ha la responsabilità del governo della regione».

 

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