Mancini (Pd) in Regione con i voti del centrodestra: si realizza il paradosso annunciato - VIDEO -

Candidato alle Politiche per il Partito democratico, entra a Palazzo Campanella come primo dei non eletti di Forza Italia. In campagna elettorale la sua vicenda additata dagli avversari come esempio di trasformismo
di Enrico De Girolamo
16 marzo 2018
14:55

«Il problema non si pone, perché sarò eletto alla Camera con il Pd». Rispondeva così Giacomo Mancini a chi gli chiedeva cosa avesse fatto se Fausto Orsomarso, suo ex compagno di partito (Forza Italia), anche lui candidato alle Politiche, fosse finito a Montecitorio. In quel caso, infatti, Mancini - in qualità di primo dei non eletti alle regionali del 2014 - sarebbe subentrato ad Orsomarso in Consiglio regionale, finendo per incarnare suo malgrado l’esempio più lampante di opportunismo politico.

 


La questione sembrava chiusa, perché all’indomani del 4 marzo entrambi non risultavano eletti. Ora, però, a distanza di due settimane dalle elezioni, un clamoroso riconteggio delle schede elettorali da parte della Corte d’appello ha decretato l’ingresso alla Camera di Orsomarso. Mancini, dunque, salvo clamorosi ripensamenti, prenderà il suo posto in Consiglio regionale. E poco male se fino a qualche giorno fa correva sotto le insegne del Pd: a Palazzo Campanella entrerà con i voti che gli hanno tributato gli elettori di centrodestra 4 anni fa.

 

Alla fine, dunque, è accaduto quello che era stato ventilato per settimane durante la campagna elettorale e che ha portato Mancini alla ribalta delle cronache nazionali, diventando suo malgrado la bandiera del trasformismo. Tanto che la sua vicenda è stata ampiamente utilizzata dagli avversari del Partito democratico, a cominciare dal leader dei cinquestelle Luigi Di Maio, che nei comizi conclusivi ha usato due foto affiancate e speculari del politico cosentino per criticare con sarcasmo le contradizioni del centrosinistra.

 

Dal canto suo, Mancini non si è mai sottratto al fuoco di fila di commentatori e giornalisti, accettando di buon grado la popolarità nazionale che gli è piovuta addosso, fedele alla massima di Oscar Wilde “nel bene o nel male, basta che se ne parli”. E quando gli chiedevano come giustificasse eticamente questa sua doppia e apparentemente inconciliabile appartenenza politica, rispondeva: «Io sono innanzitutto un socialista». Chissà se il nonno - storico sindaco di Cosenza, nonché deputato, ministro e segretario del Partito socialista italiano - sarebbe stato d’accordo.


Enrico De Girolamo

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