Quando i “furbetti del cartellino” sono i politici che litigano sul badge

Sull’introduzione del marcatempo elettronico per i collaboratori delle strutture politiche del Consiglio regionale della Calabria, Cinque stelle e Pd si affrontano a caccia di consensi facili
di Enrico De Girolamo
11 novembre 2017
12:12

I furbetti del cartellino. Sappiamo tutti chi sono: gli assenteisti seriali, quelli che incaricano il collega di timbrare e poi, invece di mettersi a lavorare, magari vanno a fare la spesa.
In Calabria, però, questa categoria si è arricchita di una nuova figura: il politico che sulla questione cartellino ci marcia per ottenere consensi a buon mercato. Tra i nuovi “furbetti” ci sono la parlamentare dei Cinque stelle, Dalila Nesci, e il consigliere regionale del Pd, Giuseppe Neri, che da due giorni si beccano sui giornali come galli in una arena messicana.


Il Consiglio regionale si adegua... finalmente

 


Il motivo è, appunto, il cartellino, quello dei dipendenti delle strutture politiche del Consiglio regionale. Ebbene, questi lavoratori, che troppo superficialmente vengono spesso definiti “portaborse”, presto saranno costretti a timbrare un badge elettronico. Sino ad oggi, invece, per certificare la propria presenza sul posto di lavoro bastava che firmassero semplicemente un registro, soluzione che ovviamente può essere permeabile a ogni tipo di abuso, compreso il fatto di restarsene a casa e mettere poi un pacco di firme la prima volta che per caso capita di passare per l’ufficio.
E siccome si sa, l’occasione fa l’uomo ladro, si può supporre con una certa sicurezza che di firme a muzzo ne siano state messe un sacco nel corso degli anni. Ma la pacchia è finita. Cioè, non proprio finita… diciamo che finirà. Precisamente nel luglio del 2018. Sino ad allora i due sistemi di certificazione delle presenze potranno (eventualmente) convivere. Come dire che non se ne farà niente per molti mesi, forse per sempre.

 

L'evento salutato come svolta epocale 

 

Così, un tardivo (molto tardivo) adeguamento ai normali standard amministrativi, è stato sbandierato come un risultato epocale, quasi pioneristico, dai vertici del Consiglio regionale. Suono di trombe e rullo di tamburi per annunciare al popolo - udite udite - che anche i dipendenti “politici” dovranno beggiare. Una piccola strisciata per i portaborse ma un grande passo per la Calabria. Non a caso il consigliere Neri ha celebrato l’evento con due pagine di comunicato stampa piene di frasi di grandissima circostanza, definendo la cosa come, parole sue, una rivoluzione: «Per una nostra precisa volontà - ha sottolineato, come a rimarcare che mica gliel’ha prescritto il medico -, per porre fine a rischi per l'amministrazione e ad alibi per la burocrazia, abbiamo deciso di rafforzare l'impegno già profuso in direzione di trasparenza e legalità, passando alla digitalizzazione, con il rilevamento automatico delle presenze».
Insomma, la Regione si proietta nell’avvenire. E poco male se il badge elettronico è già realtà da decenni per quasi tutti i lavoratori, pubblici e privati. Ma Neri finge di non saperlo, esalta, enfatizza, esagera. In tempo di vacche magre per la politica, un po’ di fumo negli occhi di un elettorato stanco e sfiduciato è sempre meglio di niente.


La parlamentare 5 Stelle grida allo scandalo


A rompergli le uova nel paniere, però, arriva l’onorevole Nesci, la dura e pura di Tropea, che forse neppure ci può credere al fantastico assist ricevuto. In una plastica mezza rovesciata tira in porta con l’intenzione di sfondare la rete. «Uno scandalo nazionale a cielo aperto», tuona la deputata dei Cinque stelle. Sulla questione va giù duro, mena mazzate a destra e a manca sul povero Neri, lasciato solo dal presidente del Consiglio regionale Nicola Irto a fronteggiare la furia iconoclasta della grillina, che invoca addirittura l’intervento della magistratura, affinché faccia luce su come vanno le cose in Regione e sui millenni di assenteismo che si sono succeduti dai Bronzi di Riace appena fusi a oggi.


Furbetti tutti, chi esalta e chi bacchetta 

 

Furbetti tutti e due. Il primo, il consigliere Neri, perché cerca di vendere come oro colato il luccichio fasullo di un badge che in una regione normale doveva essere già banale quotidianità da almeno 30 anni; la seconda, la deputata Nesci, perché perde il senso della misura nella foga di alimentare il sacro fuoco populista, senza rammaricarsi nemmeno un pochino di non essersi accorta prima che alla Regione, da che mondo e mondo, fanno un po’ come gli pare, cartellino o non cartellino.

Enrico De Girolamo

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