Referendum

Riforma della giustizia, le ragioni del sì illustrate stamani in Provincia a Catanzaro

A sviscerare in mattinata la delicata tematica sono stati i presidenti di Amici dell’Avanti Michele Drosi e del Forum Riformista Fernando Rocca oltre a Ugo Gardini e Pino Franzè

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di Danilo Colacino
31 maggio 2022
23:00

«Il silenzio, innanzitutto mediatico, su una questione fondamentale quale il referendum sulla Giustizia ci preoccupa». Questo il messaggio, in estrema sintesi, veicolato stamani nella conferenza stampa indetta dai sodalizi Amici dell’Avanti e Forum Riformista nella Sala Giunta di Palazzo di Vetro a Catanzaro. I propugnatori del Sì ai cinque quesiti referendari che saranno posti ai cittadini il prossimo 12 giugno (giorno anche delle Amministrative in molti comuni) si sono dunque detti in apprensione. Sorpresi da quella che, secondo loro, sarebbe quasi una precisa volontà di affossare la riforma su uno dei settori più delicati dello Stato italiano. E a suffragio di questa sensazione adducono non solo la citata concomitanza in molte realtà, pure grandi e medie, con l tornata per il rinnovo dei civici consessi, che a loro avviso non rendono agevole l’espressione del voto, quanto anche numeri non certo a favore della riuscita dell’iniziativa referendaria. Il riferimento, nella fattispecie, è al fatto che nell’ultimo quarto di secolo su 29 referendum proposti appena 3 hanno raggiunto il quorum.

Che, è bene precisarlo, a eccezione dei quesiti posti su materie costituzionali come ad esempio il più recente in ordine di tempo sul cosiddetto “dimezzamento” dei parlamentari, impone per la validità del parere referendario il pronunciamento in qualsiasi senso della metà più uno (50% più uno) dei voti validamente espressi. Una quota affatto facile da raggiungere, come premesso. Anzi, spesso impossibile pure da sperare con percentuali sotto il 40. Senza contare come la Consulta abbia escluso argomenti quali la liberalizzazione delle droghe leggere e il diritto all’eutanasia, tematiche di cui in passato si è parecchio discusso in televisione e sui giornali con un grande coinvolgimento dell’opinione pubblica quindi almeno informata a dovere e consapevole a prescindere dall’opinione, pro o contro, consolidatasi. Al di là di ogni considerazione, però, in mattinata a sviscerare la “specifica questione” sono stati i presidenti di Amici dell’Avanti Michele Drosi e del Forum Riformista Fernando Rocca oltre a Ugo Gardini e Pino Franzè. Secondo i quali è necessario «Correggere il forte squilibrio esistente tra i poteri dello Stato, in modo da non determinare uno sbilanciamento di fatto verso uno fra quelli riconosciuti».


E a riguardo «hanno anche ricordato – in particolare Drosi – che i casi di malagiustizia, peraltro con tantissimi episodi in Calabria e Campania, ammontano a quasi 30mila da inizio anni ’90 ad ora con una spesa in fatto di risarcimenti per ingiusta detenzione pari a poco meno di 900 milioni di euro». Lo stesso Drosi ha poi evocato il rischio del “correntismo” nel Consiglio Superiore della Magistratura, portato in modo eclatante alla luce dall’ex magistrato, capo dell’Anm (quando aveva 39 anni, più giovane presidente della storia) oltreché influente componente del Csm (poi radiato) Luca Palamara, affermando: «La riforma della Giustizia serve pure a premiare, con gli scatti di carriera, i giudici migliori e non quelli che hanno il merito di appartenere alla corrente più potente». Cenno infine anche ai correttivi da introdurre sulla Legge Severino. Che, a suo avviso, «costringe alle dimissioni o mancate candidature i pubblici amministratori e politici non ancora condannati in via definitiva con una lesione delle più chiare garanzie costituzionali».

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