Primarie Pd, vince l'asse Oliverio/Minniti. Salta Magorno

In Calabria stravince Renzi, ma adesso inizia il vero cambiamento in vista delle elezioni vere. Una riorganizzazione che guarderà ai giovani, a partire dal sindaco di Reggio Falcomatà.
di Riccardo Tripepi
1 maggio 2017
17:22

La vera partita nel Pd comincia adesso. La vittoria di Renzi, stavolta, segna solo un momento di passaggio e non costituisce di per sé nessuna svolta. Così come invece era stato nel 2013, quando la sfida con Gianni Cuperlo fu reale e combattuta fino all’ultimo, portando a votare quasi 3 milioni di cittadini, a fronte degli attuali quasi 2 milioni.

 


Si è perso un milione di votanti, e questo è un primo dato che non può essere messo da parte con facilità. Un milione di persone in meno e la fuoriuscita di un gruppo importante come quello legato a D’Alema e Bersani consegna al nuovo segretario un partito più debole di quello di quattro anni fa.

 

Né può consolare il margine della vittoria. Renzi straccia gli avversari con il 70% in Italia e con il 75% in Calabria, ma onestamente è un numero che non fa sensazione. Nessuno ha messo mai in discussione la sua vittoria, meno che mai le candidature di Emiliano e Orlando. Il primo, che stava per seguire D’Alema e compagnia al momento della scissione, è sembrato assai improvvisato come contendente e ha avuto l’unico merito di aumentare la partecipazione al Sud, soprattutto nella Puglia in cui è governatore. La candidatura di Andrea Orlando, invece, ha perso di significato nel momento in cui è avvenuta la scissione. Il suo spendersi avrebbe avuto senso solo se fosse servito a tenere insieme il partito. Così non è stato. E il leader, che ha voluto un congresso lampo, ha vinto facile e senza avversari.

 

Identica la dinamica in Calabria. Con una differenza. Nella nostra Regione il risultato ottenuto non era scontato alla vigilia. Basti ricordare la batosta presa al referendum lo scorso mese di dicembre. Eppure anche allora il partito sembrava compatto con il leader. Ma sotto la cenere non lo era. Gli uomini di Oliverio non si erano certo spesi nella campagna elettorale per il sì e i risultati si sono visti.

 

Stavolta il governatore, invece, ha profuso il massimo impegno. L’asse stretto con il ministro dell’Interno Marco Minniti ha tenuto e Renzi è volato anche sul nostro territorio. Si dirà che a Cosenza, provincia del governatore, la vittoria è stata più risicata, ma la provincia bruzia è stata l’unica in cui c’è stata sfida vera. La candidatura del consigliere regionale Carlo Guccione, con la mozione Orlando, è stata l’unica in grado di attrarre voti praticamente sull’intero suolo calabrese.

 

Chi adesso rischia di rimanere stritolato nella nuova dinamica è il segretario regionale Ernesto Magorno. Il suo commento a caldo è stato di soddisfazione, ma l’asse Minniti-Oliverio lo preoccupa per diverse ragioni. La prima è cha adesso il governatore ha dimostrato che il Pd romano, quello renziano, può fidarsi di lui nonostante il suo passato bersanian-d’alemiano. Secondo motivo: Minniti, arrivato a Reggio per chiudere la campagna per le primarie, ha parlato chiaro: serve un superamento dell’attuale gruppo dirigente.

 

Terza ragione: Magorno, da solo, ha perso tutte le elezioni possibili, compreso il referendum. In attesa di capire cosa succerà a Catanzaro, da Roma cominciano a pensare che sia arrivato il momento di dare una scossa agli equilibri interni.

 

E questo perché la partita vera del Pd e di Renzi comincia adesso. Con un partito più debole e una legge elettorale che, per quello che si capisce, non consentirà a nessuno di governare da solo.

 

Con chi farà le alleanze Renzi? Se a sinistra dovesse nascere davvero un soggetto che comprende Pisapia, D’Alema e Sinistra Italiana, Renzi sarà costretto a guardare al centro. Magari anche a Berlusconi. In un contesto così intricato per non essere messo sulla graticola fin dal primo momento, gli serve un Pd forte in grado di vincere in maniera larga le elezioni vere e non quelle di plastica.

 

Per questo non può più sbagliare e gli servono sui territori i gruppi in grado di portare voti. Più Oliverio che Magorno in Calabria, per intenderci. E per quel che riguarda i renziani della prima ora, la parola d’ordine è: ricambio. E se Magorno è quello che rischia di più, pure Ernesto Carbone, la cui area in Calabria sembra essersi volatilizzata per il sommo dispiacere di Franco Iacucci, non pare avere lo stesso peso contrattuale di un tempo. Ma l’imperativo sarà: largo ai giovani. A partire dal sindaco di Reggio Giuseppe Falcomatà che dovrebbe andare a far parte della segreteria nazionale, così come pure si era ventilato prima che l’esito del referendum sparigliasse le carte.

 

Riccardo Tripepi

Giornalista
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